Il corso Pon di Arte Pratica quest’anno ha permesso la realizzazione di 6 pannelli in mdf con i personaggi dei rispettivi indirizzi del mio Istituto Scolastico.
In pratica ogni due sezioni corrispondono ad un personaggio che rappresenta le caratterizzazioni del corso che sarà poi il percorso scolastico dei tre anni.
Europa è dedicato a linguaggi e comunicazione
Mozart è dedicato all’ordinamento musicale
Pirandello è dedicato al percorso teatrale
Ipazia è dedicato al percorso matematico-ambientale
Galileo è dedicato al percorso scientifico
Leonardo è dedicato al percorso umanistico-scientifico
Le 30 ore di lavoro, tra progettazione e realizzazione, hanno impegnato una ventina di validissimi collaboratori provenienti da varie classi seconde della scuola!
Abbiamo usato un primer aggrappante come base e normali colori all’acqua da parete (una enorme latta di bianco e svariati concentrati di colore). Come protezione finale abbiamo passato una mano di vernice lucida protettiva.
I pannelli frontalmente rappresentano il personaggio cui è dedicato l’indirizzo mentre nel retro hanno la sua iniziale e qualche oggetto per rendere immediata la caratterizzazione del percorso.
Saranno poi utilizzati in maniera variabile, durante gli Open Day, durante i concerti dell’indirizzo musicale e durante le feste di fine anno!
Impariamo a disegnare gocce e biglie tridimensionali e…nessuna paura: basterà seguire il tutorial di disegno passo a passo!
Occorrente:
1 cartoncino grigio (io ho usato il fondo di un album), ma il lavoro viene bene anche su foglio normale bianco
tappi di tutte le misure ma anche qualsiasi oggetto tondo da usare come dima (tappi, spillette, monete…anche il compasso va bene eh…ma per le goccine piccole è più comodo usare una dima!)
una riga o un righello per segnare dove andrà a finire l’ombra
matite colorate, se usate il cartoncino grigio meglio preferire una marca un po’ grassa (andranno bene quelle che avete, al massimo farete più fatica a sfumare), matita 2B, 3B e un correttore bianco a penna (o un qualsiasi pennarellino bianco)
cartoncino grigio, riga, tappi e matita
una volta disegnati i cerchi segnate la direzione delle ombre partendo dalla lampadina che avrete disegnato in un angolino
selezionate colori vari per ogni forma, meglio se avete tre gradazioni
per comodità in classe ho fatto usare una dima per la lampadina
BIGLIE
Guardate bene la differenza della luce che va a definire le forme solide da quelle liquide…
Nelle biglie procedete così
COLORATE DI NERO LA PARTE OPPOSTA ALLA LUCE
POI PASSATE AL GRIGIO
RIFINITE CON IL BIANCO
TOCCO DI MAGIA UNA LINEA COLORATA IN GIALLO, COME LA LUCE DELLA LAMPADINA
SEGUITE LA LINEA DELL’OMBRA E DISEGNATE UN CONO IN GRIGIO
Il ritratto ha una storia antica…antichissima e viene ben prima dell’autoritratto che propongo come lavoro nelle mie classi di seconda media proprio mentre studiamo il primo Rinascimento. (…in fondo alla pagina guardate che lavori pazzeschi han creato! ;))
Gli egizi distinguevano bene chi e come ritrarlo. I faraoni rappresentavano la divinità e quindi erano una bellezza idealizzata, perfetta e sempre uguale nei secoli (tranne Akhenaton, il faraone che per primo cambiò la religione e quindi l’unico di cui abbiamo un’immagine realmente somigliante). Ma i ritratti realistici, nell’antico Egitto, erano solo per le persone comuni come ad esempio uno scriba…
Nel periodo dell’arte assiro babilonese e poi in quello che si concentra su cretesi e micenei troviamo qualche altro esempio di ritratto ma si tratta sempre di ritratti intenzionali, cioè sempre simili tra loro e solo in qualche raro caso c’è il ritratto tipologico che non somiglia quindi al soggetto ma che ci permette di capirne rango, potere e categoria sociale cui appartiene.
L‘arte greca all’inizio ricerca solo la bellezza ideale e quindi Kore e Kouros, rappresentano rispettivamente la bellezza femminile e maschile. Un sorrisino accennato e nulla più…e nessuna distinzione caratterizzante se non pura bellezza come nel caso del doriforo. Ma pian piano i greci scopriranno le piccole caratteristiche che ci rendono unici…e se in Pericle sono ancora pochine e serve il nome inciso in baso per aver certezza del personaggio che ci appare bello, forte ed elegante… Euripide lo potremmo riconoscere anche incontrandolo casualmente per strada!
Gli etruschi iniziano gradualmente le caratterizzazioni dei volti…dai vasi canopi a volte qualcosa si può immaginare…ma pian piano arriveranno alla spietata accuratezza che negli artisti romani non farà sconti a nessuno… guardate il povero Commodo o il tempo che passa anche per Nerone…così come allo stesso modo, in maniera sincera, esalterà la bellezza appena potrà , come ad esempio nel ritratto di Faustina Minore.
l’arte bizantina e paleocristiana si concentra sulla religione, sui simboli…i ritratti son proprio l’ultimo dei loro pensieri. I volti son quelli e la distinzione tra le persone la fanno gioielli e accessori.
Arnolfo di Cambio ci propone quello che è probabilmente il primo ritratto realistico in Europa: Carlo I d’Angiò. Umanissimo, con tanto di rughe anche se ben determinato e fiero. Giotto ritrae il suo committente, il banchiere Enrico Scrovegni e già che c’è si autoritrae con cappellino giallo di fianco a Dante con coroncina di foglie di alloro regolamentare e anche Masaccio metterà in primo piano, di profilo e molto ben riconoscibili, i committenti della sua Trinità .
Pisanello è tra i primi a recuperare l’idea romana del ritratto di profilo sulle medaglie. Là gli imperatori…qui i grandi nomi delle Signorie italiane e seguirà lo stesso schema stilistico anche nei ritratti in pittura, importanti, appunto, come imperatori in epoca romana.
A questo punto il ritratto diventa davvero uno status symbol: se sei qualcuno, anche se non sei nobile ma solo ricco, devi assolutamente avere un tuo ritratto e…decisamente somigliante, magari realizzato da Antonello da Messina. Poi magari scegli di farti ritrarre solo dal tuo lato migliore come farà il Duca di Urbino, Federico da Montefeltro, dopo che un incidente gli devasterà il lato destro del volto…
Ma il profilo spesso è anche una scelta utilissima per sottolineare ed enfatizzare eleganza e bellezza come fanno Antonio e Piero del Pollaiolo ma anche il Ghirlandaio e tanti altri… son veri maestri nei ritratti di donne belle, eleganti e fieramente di profilo!
Botticelli rappresenta Dante di profilo con quella caratteristica fisica che rimarrà per sempre nei nostri ricordi scolastici: il naso importante e allo stesso tempo la bellezza di Simonetta Vespucci, modella della Primavera, viene sottolineata dal profilo che mostra un’acconciatura che è un trionfo di nastri intrecciati e perle… Leonardo, famoso per il ritratto della Gioconda ritratta frontalmente, sceglie il profilo per la bellezza pacata di Bianca Sforza, figlia illegittima del Duca di Milano…
Insomma il ritratto nel corso dei secoli è sempre stato protagonista nell’arte…
Ora i protagonisti siete voiii!!!
-Foglio 33×48 liscio o ruvido, appoggiate il volto e fatevi dare una mano da un compagno di classe per passare con attenzione la matita lungo tutto il vostro profilo passando anche per tutto il resto del cranio (facendo attenzione ai capelli che spesso rischiano di far deragliare la matita).
-Sistemate ora il vostro ritratto scegliendo se farlo somigliante o…sognante e immaginario
-come abbiamo ben visto nella lezione del video dedicato al ritratto dalle origini al 1400…anche lo sfondo è importante. Scegliete se usarlo per raccontare parte della vostra vita, per anticipare quello che vorreste fare in futuro o se usarlo come sfondo puramente decorativo per far risaltare il vostro volto. La tecnica libera prevede quindi qualsiasi materiale. Matite colorate, pennarelli, collage e tempere…
GUARDATE CHE AUTORITRATTI PAZZESCHIIIIIIII
E ATTENZIONE: IN QUESTO CASO ABBIAMO AVUTO ANCHE DEGLI “OSPITI A DISTANZA” CHE HANNO SCELTO DI REALIZZARE COME NOI IL LORO AUTORITRATTO DI PROFILO CONDIVIDENDO POI I LORO BELLISSIMI LAVORI! BENVENUTI RAGAZZI DELLA SMS ENRICO MATTEI DI CASTEL DI LAMA!
Keith Haring inizia il suo viaggio artistico, breve ma intensissimo, dalla Pennsylvania, dove era nato nel 1958 e dove aveva iniziato fin da subito a disegnare, anche grazie al padre, appassionato di fumetti, che lo incoraggia…  E’ un adolescente un po’ sciagurato eh…insofferente alle regole, si perde un po’ nel consumo di droghe e alcool con gli amici… molla quasi subito un paio di scuole d’arte iniziate e mai finite…insomma è un artista autodidatta che si forma in maniera autonoma su libri di artisti come Dubuffet, Pollock, Klee…
Ma Pittsburgh gli sta stretta e nei primi anni settanta era quasi un obbligo andare a New York dove Haring è un giovane artista che frequenta i giri giusti del momento: il Club 57, un locale leggendario situato nel seminterrato di una chiesa polacca, punto di incontro tra artisti, attori e musicisti più in vista del momento, tipo Madonna, Cindy Lauper e il giovane artista Basquiat.
con Madonna
al Club57
con Warhol e Basquiat
Nel 1978 Haring scriverà nel suo diario: «Il pubblico ha diritto all’arte, l’arte è per tutti!» ed è subito pop art, popular art, arte per tutti e qualche amico lo rimprovera anche per questa sua scelta così poco remunerativa di disegnare sulle magliette di chi lo fermava per strada riconoscendolo… oppure sui motorini, su qualsiasi oggetto a portata di mano…insomma un omino gioioso non lo negava a nessuno. Senza spiegare le sue opere, senza firmarle…erano comunque riconoscibilissimi, erano sue, e lui le regalava senza guadagnarci nulla
Haring ormai è famoso e lo è davvero…alle opere libere, vandaliche, in mezzo alla gente, si affiancano mostre di tutto rispetto. Dopo la prima mostra nel 1979 entra a pieno diritto nel gruppo di artisti che contano negli anni ‘80 e conoscerà Basquiat che diventerà suo amico e che gli presenterà il suo idolo: Andy Warhol! Nella sua personale del 1982 nella Tony Shafrazi Gallery, che peraltro andò benissimo, ci saranno come ospiti e sostenitori nomi del calibro di Lichtenstein e Rauschenberg…e la fama di Haring arriva in Europa con mostre in Francia, alla Biennale di Parigi, in Olanda, Belgio e Italia, alla galleria di Napoli di Lucio Amelio nel 1983, poi a Bologna e alla Biennale di Venezia l’anno successivo.
E la sua storia artistica è molto legata all’Italia: una delle sue ultime grandi opere pubbliche, Tuttomondo, la realizza a Pisa nel 1989, un inno alla vita, l’opera pubblica sulla parete esterna del convento di Sant’Antonio a Pisa, definito da lui stesso «uno dei progetti più importanti che abbia mai fatto». Ma già nel 1984, a Bologna, la mostra Arte di frontiera, con le opere di Basquiat, Haring e Scharf, fa conoscere al pubblico italiano le ultime tendenze dell’arte americana: il graffitismo.
Tuttomondo-Pisa-1989
Ma negli anni ottanta se passavi dall’Italia…dovevi passare da Milano. E Grazie a quel personaggio particolarissimo che fu Elio Fiorucci, non proprio stilista, un po’ designer ma soprattutto creatore di quelli che all’epoca erano negozi ritrovo: un mix di oggetti, moda e tendenze, dove passare il tempo sentendosi quasi in un mondo parallelo. E Fiorucci chiama Haring, nel 1983, per un’idea folle: decorare il suo negozio in galleria Passerella in San Babila, di fronte al pubblico. Il negozio viene svuotato completamente e l’artista ha carta bianca per due giorni no-stop di perfomance creativa. Il negozio rimane aperto a chiunque e chiunque può andare a vedere Haring
Lo stile anticonformista di Haring e le sue immagini vivaci erano perfette per i manifesti pubblicitari che devono colpire gli spettatori trasmettendo loro messaggi in maniera rapidissima. Dal 1982 il suo lavoro è quindi molto richiesto tanto che nel corso della sua carriera produrrà più di cento progetti pubblicitari
Ma tantissimi altri lavori di Haring sono legati alla pubblicità e a collaborazioni commerciali, orologi Swatch compresi!
L’esperienza nel negozio di Fiorucci gli piace e gli permette di scardinare un po’ il sistema che regolava il mondo della richiesta e dell’offerta nel mondo dell’arte. Fino ad ora l’artista centellinava quasi la sua produzione, i clienti attendevano frementi di poter comprare le opere che erano esclusive…arriva Haring e cambia tutto! Produce beni di largo consumo. Opere d’arte che costano poco, alla portata di tutti…e vengono mvendute nei negozi, non nelle gallerie. Ed ecco i Pop Shop, il primo nel 1986 in Lafayette street, un negozio che era un po’ un’esperienza artistica immersiva e perfomativa…sì insomma è lo stile Fiorucci con l’artista che dipinge in mezzo al pubblico!
Haring era un artista impegnato in lotte serissime nonostante il suo stile pittorico, ricco di colori e segni decisi, mostrasse quasi sempre un mondo giocoso e in costante movimento. Nel 1984 realizza opere legate alla lotta all’Apartheid, figure nere che si battono per liberarsi dal cappio al collo tenuto in mano dall’oppressore bianco. Vuole sostenere il movimento anti segregazione razziale, lo stesso che si stava impegnando in quegli anni per dare il voto ai cittadini neri del Sud Africa… il modo per contribuire a questa causa in maniera artistica fu un successo: riprodurre queste figure nere, decisamente arrabbiate, stampandole su spillette, magliette e poster, per diffondere la consapevolezza di ciò che era questa profonda ingiustizia, vendendole poi a prezzo simbolico, senza guadagnarci quindi, anche durante i vari concerti dell’epoca, così da poter raggiungere quante più persone possibili.
Per Haring l’attivismo di base era fondamentale. Si considerava un sostenitore delle cause umanitarie, impegnato a promuovere il benessere per tutti. Sensibilissimo ai problemi delle persone che lo circondavano sostenne tantissime battaglie, tutte in prima persona. Nel 1982 disegnò e fece stampare 20000 manifesti per sostenere la denuclearizzazione. Organizzò feste, mostre ed eventi per raccogliere fondi contro la carestia in Africa Nel 1986 protestò contro l’oppressione politica dipingendo una serie di figure intrecciate su di una porzione di 300 metri del Muro di Berlino, con i colori della bandiera tedesca.
Haring-Berlino-1986
Ma l’impegno di Haring si rivolge anche al problema terribile che nel 1986 stava affliggendo gli Stati Uniti: una nuova droga, potente, letale, a basso prezzo e quindi a larghissima diffusione: era il crack! In quegli anni venne organizzato anche un mega concerto per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi per un programma contro la droga. Haring era molto sensibile a questo tema e partecipò alla realizzazione dell’evento creando poster programma e biglietto: un grosso piede che calpesta la pipetta da crack, sorretta da due figure con una X che simboleggia la morte.
E ovviamente si impegnò anche per la lotta ai diritti delle comunità lgbt…nel 1989 per il servizio postale americano ha realizzato il timbro commemorativo della manifestazione del 1969, quando i membri della comunità lgbt organizzarono una protesta contro i maltrattamenti che subivano regolarmente da parte della polizia, l’inizio insomma delle lotte per i diritti degli omosessuali. I moti di Stonewall che all’epoca era un bar gay dove la polizia irruppe dando vita ad uno scontro molto violento, considerati il momento della nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo.
Durante tutta la sua breve carriera Haring dimostrò una dedizione assoluta nei confronti dei più giovani, battendosi per i loro diritti compreso quello alla salute e sostenendone lo sviluppo creativo. Per lui i bambini rappresentano l’onestà , l’espressività e l’immaginazione. Era amico dei giovani che abitavano nel suo quartiere e lavorava con loro a progetti artistici… L’artista ha sostenuto molte cause a favore dell’infanzia realizzando un’infinità di murales e sculture per ospedali pediatrici, ambulatori, chiese e centri di aggregazione. Per i figli del suo mercante tedesco realizza un libro illustrato con soli due colori. Forme che nascono in maniera quasi casuale e rappresentano un gioco, una favola illustrata tutta da raccontare, un modo per entrare in contatto con il gioco infantile…
Haring, The story of red and blue, 1989
Con Sean Kalish, un bambino delle elementari che passava molto tempo nel suo pop shop, realizza opere a 4 mani…uno dei due iniziava l’opera e l’altro la proseguiva per poi decidere insieme se dichiararla finita o andare ancora avanti nel lavoro… una vera e propria collaborazione creativa.
Un mondo di omini danzanti, coloratissimi come i Best buddies, forma semplice con figure senza razza o orientamento sessuale definito… oppure omini misteriosi come Growing Suite, dove un omino ci mostra in realtà le varie sfaccettature del nostro essere a seconda di ciò che ci circonda e di ciò che compone la nostra personalità e a volte sono omini in pose decisamene esplicite, era il momento dell’impegno con i temi dei diritti lgbt, dell’aids, del sesso sicuro…
Bosch e un altro Rinascimento, a Palazzo Reale: una mostra dedicata non tanto e non solo all’artista olandese…ma soprattutto a quanto il suo lavoro abbia poi influito su tutti i suoi contemporanei!
Bosch, Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio (aperto), 1501
Al rinascimento ufficiale quindi, quello classico, L’artista olandese contrappone un mondo con scene infernali e oniriche. Pensate: è proprio un cronista suo contemporaneo, Marcantonio Michiel, a fornire la prima descrizione delle opere di Bosch usando parole come: inferno, mostri e sogni. Di Bosch si parla, all’epoca, come di pictor gryllorum, pittore di scene ridicole. Ed ecco che la mostra si apre con quella che è l’opera probabilmente più emblematica del lavoro di Bosch: Il Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio. Nella stessa opera troviamo tutte le caratteristiche associate a questo artista: fuochi infernali, architetture contorte, mostri, ibridi, personaggi grotteschi e scene stravaganti.
La parte esterna del trittico è monocroma, tranne una piccolissima torcia accesa, in rosso fuoco. Questa realizzazione a grisaglia non è nuova nella tradizione fiamminga. E’ una scelta anche teatrale…all’apertura dei pannelli esterni, i fedeli rimanevano ancora più stupiti di fronte alla meraviglie delle immagini colorate della pala d’altare aperta.
Bosch, Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio (chiuso), 1501
Il trittico dei Santi eremiti, della fine del 1400, in prestito da Venezia, faceva probabilmente parte della collezione che già sin dal primo cinquecento, era di proprietà del cardinale veneziano Domenico Grimani. Quest’opera tra l’altro ha anche la firma dell’autore, bene in vista in basso nel pannello centrale.
Bosch Trittico degli eremiti, fine 1400
Anche nelle meditazioni di San Giovanni Battista, apparentemente più tranquilla, in realtà troviamo la cifra stilistica di Bosch: forme strane e scene impossibili…sono opere che vanno viste da vicino, nei minimi particolari. Ed è questa anche una scelta artistica per stimolare la curiosità dello spettatore e per costringerlo a fermarsi ad osservare e a meditare sulle scene che presentano sempre diversi livelli di lettura, sia moralistico-religiosi che ridicoli e allegorici.
Hieronymus Bosch:Â San Giovanni Battista in meditazione, 1495
2 Classico e anticlassico tra Italia e Penisola Iberica
Nell’immaginario comune dell’epoca quindi…lo stile di Bosch si lega soprattutto all’aspetto fantasioso e bizzarro delle sue opere. Nel rinascimento diventa quindi una sorta di alternativa…un altro rinascimento, appunto.
Codice Trivulziano, Leonardo Da vinci
Ma questa dicotomia così forzata lo è soprattutto per noi ora. Noi oggi identifichiamo il rinascimento con l’arte classica con la ricerca dell’equilibrio e del bello ma se ci pensiamo bene…anche Leonardo da Vinci, artista d’eccellenza del rinascimento…già nel suo codice trivulziano si era divertito ad inserire figure caricaturali con volti deformi, tutto sommato non così distanti dalle immagini folli di Bosch.
Nel cinquecento, il fantastico e il mostruoso era una parte figurativa ben presente nelle grottesche, che sono poi di origine classica, riscoperte negli affreschi della Domus aurea diffusa anche grazie alle rielaborazioni di Raffaello.
Grottesche Domus Aurea
E troveremo quindi decorazioni simili in forme e contesti differenti: come motivo a stampa nell’esempio di Nicoletto Rosex, incisore italiano, che crea grottesche con nudi, mascheroni e elementi fantastici che verranno poi riutilizzati nel 1530 per i rilievi dell’Università di Salamanca… e sempre a Salamanca troviamo poi una serie di capitelli mostruosi nel chiostro del convento di Las Duenas.
Nicoletto Rosex, detto Nicoletto da Modena, Pannello ornamentale con grottesche, 1507
capitelli mostruosi nel chiostro del convento di Las Duenas. Realizzati nel 1533 da artista anonimo
Le sculture in legno policromo e dorato del Retablo de San Benito di Berruguete, ma anche quelle di  Gaspar de Tordesillas, suo allievo, che realizza il Retablo de San Antonio Abad nello stesso monastero a Valladolid, uniscono la tradizione medievale al recupero del mondo classico ai nuovi modelli rinascimentali.
Berruguete, Retablo de San Benito
Gaspar de Tordesillas, allievo di Berruguete, quando lavorerà al retablo de San Antonio Abad
E le stesse decorazioni a grottesche le troviamo anche negli arazzi su disegno di Perin del Vaga, allievo di Raffaello, realizzati per la residenza di Andrea Doria a Genova.
Maestro della marca geometrica da un cartone di Perin del Vaga, Arazzo grottesca con allegoria del dio Marte, 1540-60
Insomma il fantastico e le sue molteplici interpretazioni continueranno a coesistere per tutto il millecinquecento: lo scudo di Praga con mostri in perfetto in “stile Bosch” accanto alla Rotella milanese post raffaelliana di evidente stampo classico.
Attribuito a Pieter Huys, Scudo con scena da parata militare di fantasia, 1550
Bottega milanese, Rotella con trionfo di Bacco, 1563
3 Il sogno
Nell’Europa meridionale il nome di Bosch viene associato fin dai primi decenni del 500, all’invenzione pittorica di inferni, sogni e incubi e fin da subito viene ripreso da artisti suoi seguaci.
Il tema onirico lo ritroviamo un po’ ovunque e il collegamento diretto va subito alle invenzioni di Bosch, anche nei mostriciattoli riprodotti addirittura nei calamai.
calamai con mostri marini
Anche in opere apparentemente…normali, come Il Sogno della scuola di Battista Dossi e l’Allegoria della vita umana di Ghisi, … in tutte queste opere in realtà troviamo collegamenti diretti alle scene di Bosch, ai suoi mostri e ai suoi incubi.
Scuola di Battista Dossi, Il Sogno, 1580
J. Brueghel il Vecchio e H. Rottenhammer, Allegoria della vita umana, 1595
4 La magia
Riti magici e sabba infernali diventano soggetti molto apprezzati fino al seicento inoltrato. Non dimentichiamo i processi per stregoneria e la pubblicazione di manuali e trattati per riconoscere e punire le streghe…Di volta in volta troveremo il Diavolo rappresentato da donne seduttive oppure streghe orribili che mangiano bambini.
M. Raimondi, Lo Stregozzo, 1520
G. Coignet, Scene di magia, 1560
Scuola di Hyeronimus Bosch, La Visione di Tondalo, 1520-1530
5 Visioni apocalittiche
Il giudizio universale è lo spartiacque tra salvezza e dannazione eterna. Nella religione cristiana si vede spesso Cristo che separa meritevoli e peccatori. E ovviamente è un soggetto che piace parecchio a collezionisti e committenti delle opere di Bosch…il trittico del Giudizio Universale esposto qui a Palazzo Reale apparteneva al cardinale Marino Grimani nipote del collezionista veneziano Domenico Grimani. Ed è un vero piacere osservare i mostri marini e terrestri che affiancano i demoni che hanno creato ogni sorta di sistema per meglio torturare i peccatori!
Bosch, Giudizio Universale, interno, 1500
Il giudizio finale, il paradiso e l’inferno diventano quindi un’ottima scusa per dipingere mostri, demoni e immagini perfettamente in linea con quelle di Bosch.
Herri met de Bles II, Paradiso terrestre, 1540
Bosch, particolare: Punizione di golosi e ubriachi. Costretti a mangiare sorci e a bere non si sa bene cosa…
Attraverso la stampa e una sorta di passaparola dell’arte l’invenzione di Bosch arriverà fino alle chiese peruviane del diciassettesimo secolo come nel caso dell’immenso giudizio universale nel convento di S. Francesco a Cuzco …
Diego Quispe Tito, Giudizio Universale, Convento San Francesco, 1675, Cuzco
6 Le tentazioni di Sant’Antonio
Bosch e i suoi seguaci amano questo soggetto e ne fanno svariate versioni che piacciono moltissimo in tutta Europa. L’iconografia del santo torturato dai demoni e tentato da donne sensuali ha sicuramente un carattere morale …ma è anche la scusa per dare carta bianca all’artista che potrà così sbizzarrirsi tra mostri e chimere.
Seguace di J. Bosch, Tentazioni di Sant’Antonio, 1545
J. Brueghel il Vecchio, Tentazioni di Sant’Antonio, 1604
Bernardo Parentino, Tentazioni di Sant’Antonio, 1480-90
J. Wellens de Cock, Tentazioni di Sant’Antonio, 1520
Bosch, Tentazioni di Sant’Antonio, 1510
Ma qui non è solo Bosch a fare scuola ma anche l’artista tedesco Martin Schongauer che ci mostra il santo trasportato fisicamente in cielo dai demoni.
M. Schongauer, Tentazioni di Sant’Antonio, 1470
Opera di pittura fiamminga che riproduce la stampa di Schongauer, XVII secolo
7 la stampa come mezzo di divulgazione
Pieter van der Heyden, da P. Bruguel il Vecchio I sette peccati capitali, 1558
Il marchio di Bosch, cioè quelli che possiamo definire come mostriciattoli, non nasce immediatamente…ci si arriva tramite un processo di selezione e ripetizione di queste immagini e la diffusione delle opere di Bosch è avvenuta principalmente attraverso la stampa. Molti incisori, soprattutto fiamminghi, hanno fin da subito iniziato a riprodurre le sue opere dichiarandolo: sono idee di Bosch. C’è poi lo strano caso di Brueguel il Vecchio che non si limita a copiare le scene di Bosch ma le reinterpreta proprio, riuscendo quindi a vivere esattamente nel mondo immaginario di Bosch preferendo l’emulazione all’imitazione e qui possiamo vedere le sue intepretazioni attraverso le incisioni di Pieter van der Heyden tratte dai Sette oeccati Capitali di Brueguel, serie ricordata persino dal Vasari che ne sottolinea anche l’intento umoristico.
8 Il mondo asburgico
Manifattura di Bruxelles da J. Bosch Il carro di fieno,
Il giardino delle delizie, 1550-70
Manifattura di Bruxelles, Assalto all’elefante turrito, 1676
Copia da Jheronimus Bosch Scena con elefante, XVI secolo
L’arte di Bosch piace davvero tanto agli Asburgo, la dinastia che nel cinquecento dominava l’Europa, il bello è che anche il re di Francia, Francesco I di Valois, uno dei principali oppositori della casata asburgica, era molto interessato alle opere di Bosch…passione portata avanti anche dai suoi discendenti. Queste due famiglie dettavano un po’ la moda del momento e quindi è anche grazie a loro e alle loro corti, se il fenomeno Bosch si trasferirà anche in una serie di arazzi, qui anche una versione più tarda dell’arazzo dedicato all’elefante, arazzo svanito misteriosamente nel nulla…
9 la curiosità e il collezionismo enciclopedico
Manufatti in corallo, avorio e conchiglia: artefacta legati al mondo naturale
Torso con testa di diavolo, copia dell’automa della Collezione Settala
Il Tribolo, Arpia a cavallo di un rospo, metà XVI secolo
Giuseppe Arcimboldo, Vertumno, 1590
Nel Cinquecento nel mondo delle corti si sviluppano forme di collezionismo enciclopedico o universale. Insomma si colleziona di tutto di più…Delle camere delle meraviglie, le wunderkammer… con gli oggetti esposti e collezionati si esprime lo status sociale del proprietario e si cerca un collegamento con il mondo invisibile. Sono mirabilia, opere nate per suscitare sorpresa e anche qualche risata: dall’automa diabolico della Collezione Settala (che muoveva davvero occhi e bocca emettendo un suono infernale!) ai volti dell’Arcimboldo.
Oggetti reali che ritroviamo dipinti in forme magari assurde e incredibili con l’ormai riconoscibilissimo…tocco alla Bosch: uno stile nato per stupire e divertire uno spettatore del Rinascimento…che però ancora oggi lascia a bocca aperta anche la folla a noi contemporanea, stipata davanti a queste opere… modernissime per forme, colori e ironia.
Bottega di J. Bosch, Il giardino delle delizie, 1500
Escher al Museo degli Innocenti, partita da New York, passata poi per svariate città nel mondo e in Italia, come Roma, Genova e Milano eccola ora a Firenze. Una mostra itinerante e campione di incassi dedicata a Escher: 200 opere esposte negli spazi unici dello storico Museo degli Innocenti progettato dal Brunelleschi, una mostra indimenticabile!
Brunelleschi, Museo degli Innocenti, Firenze
Con una parte di allestimento che permette allo spettatore di entrare praticamente a far parte di questo mondo di illusioni e inganni dell’occhio attraverso giochi e installazioni che lo rendono protagonista…perfettamente in linea con l’idea di Cornelis Escher
I primi lavori dell’artista partono dall’Art Nouveau, movimento artistico caratterizzato da ornamenti e forme decorative ispirate ai soggetti naturali.Lo si capisce dai suoi primi lavori e anche dalla sua prima mostra, durata soli 13 giorni, in Italia, a Siena, al Circolo artistico senese, mostra per la quale lo stesso artista progetterà e realizzerà il manifesto, in bianco e nero, così come lo sono le sue opere: xilografie e litografie.
Recupera anche dal passato il sistema degli emblemi fiamminghi e medievali, una combinazione didattico moraleggiante di immagini e testo, destinata a far riflettere il lettore sulla propria vita. Li rappresenta con scritta in latino…e commento in olandese!
Escher Emblemata 1931
Escher Emblemata 1931
Escher Emblemata 1931
Il viaggio in Italia e la successiva lunga permanenza nel nostro paese…si vede in maniera ben chiara nella sua produzione: paesaggi, particolari, vedute…quasi una sorta di raccolta da Grand Tour settecentesco dove lo sguardo di Hescher si allena a definire l’immagine dell’insieme senza però mai tralasciare il particolare.
Escher in Italia
Escher Castrovalva 1930
Escher San Gimignano, 1923
Escher tempio Segesta, 1932
Escher strada a Scanno, 1930
Scanno fotografia
Escher Rossano Calabro 1930
Escher Rossano Calabro, matrice di stampa 1930
L’talia della amatissima Toscana ma anche tutto il sud: Sicilia, Abruzzo, Calabria e Costiera Amalfitana.
Escher, Atrani. 1931
Escher, Metamorphose II
Anche se poi torna a lavorare e a vivere a Roma, suo punto fermo dove vivrà per anni assieme alla moglie, Jetta Umiker, figlia di un industriale svizzero sposata a incontrerà Jetta Umiker, figlia di un industriale svizzero sposata a Viareggio.
Escher tra San Pietro e Cappella Sistina 1934
Escher, Colonna Traiana, 1934
L’occhio di Escher è pazzesco sia nelle immagini di ampio respiro…che in quelle che possiamo immaginare abbiano richiesto forse una lente di ingrandimento o una visione davvero molto molto ravvicinata…
Escher, Goccia di rugiada, 1935
Escher, Scarabei, 1935
L’altro viaggio fondamentale nel suo percorso artistico è sicuramente quello in Spagna, nel 1936, dove rimane folgorato dalla tassellazione, la decorazione tipica dell’Alhambra di Granada. La tassellazione sono figure geometriche che compaiono anche come ornamenti in edifici costruiti dai sumeri e anche un altro artista, prima di Escher, aveva iniziato a sperimentare questo sistema decorativo: Kolomon Moser che nel 1899 aveva pubblicato su Ver Sacrum, la rivista del movimento artistico Jugendskolomon moser till, una serie di figure animate…Ma, sorpresa sorpresa, Escher venne a sapere di questo collega che in pratica lo aveva anticipato….solo nel 1954 e, serenamente dichiarò di sentirsi meno solo nella sua complessa ricerca di disegni simmetrici animati.
Kolomon Moser, design per tessuto, 1901
Escher, Tassellazione Sole e Luna
Escher, Tassellazione riempimento del piano II
Lo spazio può essere diviso in maniera regolare dandogli anche un senso e una forma. Precisione e ripetizione , geometria e matematica. Insomma qui si arriva alla perfezione! I campi grigi e geometrici si trasformano in uccelli che si alzano in volo e…guardate bene: i bianchi vanno a destra mentre quelli neri a sinistra. La loro unione rappresenta il passaggio dalla notte al giorno così come il passaggio tra acqua e cielo avviene attraverso la forma dei rispettivi animali che vivono questi elementi. I pesci si alzano e si trasformano in uccelli che volano in cielo…
Escher, Giorno e notte, 1938
Escher, Cielo e acqua, 1938
Geometrie che diventano fantasie, spazi illusori e impossibili, immagini che si trasformano in altre immagini… Singole forme che ora sono soggetto e ora sono sfondo. Ma anche prospettive invertite, intrecci di linee in movimento, inganni visivi dell’occhio. L’occhio dell’osservatore è messo decisamente a dura prova. Metti a fuoco questo…ah no forse è quello…o quell’altro ancora il vero soggetto? Chissà …
Escher, Rettili, 1943
Escher, Mani che disegnano, 1948
Ed ecco che dalla tassellazione il passo successivo è breve: iniziano le sperimentazioni dedicate alle superfici riflettenti che mettono, se possibile, ancora più in crisi le nostre certezze…
Escher, Pozzanghere
Escher, Mano con sfera riflettente, 1935
Escher, Tre sfere, 1946
Escher mostra una sorta di attrazione per la struttura dello spazio più ancora che dell’elemento stesso. Spazio che ha una sua struttura matematica, certo, ma la sua passione per le forme dei cristalli e le superfici topologiche come il nastro di Moebius, cioè oggetti percepiti come se fossero a due face ma che se ben osservati in realtà ne hanno una sola…lo portano a immagini se possibile ancora più folli…
Escher, Cigni bianchi e neri, 1956m
Escher, Nastro di Moebius, 1963
Forme che contengono altre forme…che sono esse stesse nuove forme…
Escher, Buccia, 1935
Escher, Stelle, 1948
Escher era un vero ammiratore delle opere di Piranesi, incisore e architetto italiano del settecento. Le carceri d’invenzione, di Piranesi hanno geometrie rigorose seppur inquietanti, con ambienti, grate, scale e hanno sicuramente ispirato molte delle opere di Escher che si basano sulle architetture impossibili. Scale senza fine, cortili interni squadrati in piani sovrapposti e popolati da persone che sembrano quasi obbligate a stare in perenne movimento, salendo e scendendo ma di fatto senza poter cambiare mai realmente di piano.
Escher, salire e scendere, 1960
Escher, Relatività , 1953
Escher oggi è conosciutissimo e molto apprezzato. Si può quasi parlare di eschermania. Troviamo riferimenti ai suoi lavori nei campi più disparati. Dall’arredamento alla musica. La rappresentazione del paradosso, infatti, ha avuto un ascendente importante anche su musicisti e gruppi anni sessanta che hanno usato le sue opere come copertine dei loro album.
Facciamo una listina della spesa ricordando però che va bene qualsiasi marca!
DUE ALBUM F4 33X48 (le misure possono variare di poco a seconda della marca, vanno bene tutte!)- 1 LISCIO E 1 RUVIDO
MATITA HB, 2B E OVVIAMENTE UNA GOMMA. UN PENNARELLONE NERO E UN TRATTO PEN NERO (se trovate offerte fate scorta che questi due qui…van via come il pane!)
PORTAMINE A PINZA (utilissimo per recuperare tutte le puntine delle mine rotte. Ogni volta che una matita cade…una mina muore! ma noi la usiamo lo stesso yeah)
PENNARELLI PUNTA FINE
PENNARELLI PUNTA FINISSIMA (va benissimo una confezione minima con i colori base…ma se volete esagerare fate pure eh?!)
MATITE ACQUARELLABILI (E SE NE AVETE GIÃ DI NORMALI PORTATE ANCHE QUELLE!)
PENNELLO CON SERBATOIO (NE BASTA ANCHE SOLO UNO A PUNTA MEDIA)
UN QUADERNONE (a righe, a quadretti, a spirale, a raccoglitore, normale…insomma come preferisci!)
UNA CARTELLETTAÂ 37X60X5 PER PORTARE AVANTI E INDIETRO DA SCUOLA TUTTA QUESTA BELLA ROBETTA! OPPURE UN TUBO PORTADISEGNI (insomma i vostri capolavori vanno protetti dalla pioggia!)
Non spaventatevi per la richiesta così importante: ricordatevi che molte di queste cose le userete per tre anni (o quattro, o cinque o sei anniiii se sarete bocciati ehehehhe) e spesso saranno ancora utilissimi anche a scuola finita!
Guernica, l’opera di Picasso, nasce quasi all’improvviso e nasce con e contro la guerra.
Guernica dopo il bombardamento
Guernica, Picasso, 1937
Il Governo Repubblicano spagnolo nel mese di gennaio del 1937, richiede all’artista un’opera che rappresenti la Spagna all’Esposizione mondiale di Parigi in quello stesso anno. Passano tre mesi e mezzo e Picasso ancora non ha iniziato il suo lavoro. Si avvicina a quella tela immensa ma manca l’ispirazione…chissà . Il 26 aprile 1937, le forze aeree italo-tedesche in appoggio ai nazionalisti franchisti che tentavano di rovesciare la Repubblica spagnola, bombardano Guernica, città basca. L’incursione aerea della Legione Condor con la partecipazione dell’Aviazione Legionaria italiana mette in moto Picasso che terminerà l’opera a giugno dello stesso anno, appena in tempo per l’Esposizone. Ma Picasso è a Parigi in quel periodo…”vede” quindi la guerra, la morte e la distruzione, attraverso i giornali che informano il mondo di quell’orrore. Giornali in bianco e nero che in parte vengono citati nella parte bassa delle figure, con quei trattini tanto simili ai caratteri di stampa.
Le idee futuriste puntano a cambiare il mondo. Tutto ciò che c’è nel mondo, a partire dalle piccole cose. Dalla moda all’arredamento, dalla cucina alla musica. Via tutto quanto sa di vecchio. Viva il colore e la follia!
Gli artisti futuristi, serissimi a vedersi, in realtà abbinavano ai vestiti classici dell’epoca, calzini spaiati a righe colorate e sotto quelle giacche nere…ecco i loro meravigliosi gilet coloratissimi!
Russolo, Carrà , Marinetti, Boccioni, Severini
Ed ecco le nostre versioni!
Fedele Azari nel 1924 pubblica  La flora futurista ed equivalenti plastici di odori artificiali
Basta coi fiori naturali
Dobbiamo ormai constatare la decadenza della flora naturale che non risponde più al nostro gusto.
I fiori sono rimasti monotonamente immutabili attraverso i millenni della creazione a delizia dei multiformi romanticismi di tutte le epoche e come espressione del cattivo gusto nei più banali decorativismi.
Oggi, ad eccezione di alcune specie tropicali a grande sviluppo da noi poco conosciute, essi lasciano completamente indifferenti od arrivano anzi ad urtare la nostra sensibilità futurista dal punto di vista plastico e coloristico.
D’altra parte la letteratura e la pittura contemporanea non hanno ancora smesso di farne largo abuso con le più trite immagini e coi più stucchevoli soggetti.
Creazione di una flora plastica futurista
Stabilito ormai che i fiori fornitici dalla natura non ci interessano più, noi futuristi per rallegrare, vivificare e decorare i nostri quadri e i nostri ambienti abbiamo iniziato la creazione di una flora plastica
originalissima
assolutamente inventata
coloratissima
profumatissima
e soprattutto inesauribile per la infinita varietà degli esemplari.
Nel 2003 alle Galerie Nordenhake di Berlino è stata proposta una fedele ricostruzione dei fiori progettati dai futuristi.
Ricostruzione del Giardini futurista, 2003, Nordenhake gallery
Ho quindi chiesto ai miei studenti di pensare, progettare e realizzare, il loro giardino futurista: coloratissimo, eterno e a prova del mio pollice nero!!!