Il lavoro

Il lavoro

Affrontando il Realismo abbiamo imparato quanto fosse importante, per questi artisti, il tema del lavoro.

Come rivendicazione politica per mettere sullo stesso piano l’importanza dell’essere umano, degno sempre e comunque d’essere rappresentato, sia che fosse un principe o un nobile ricco ed elegante, sia che fosse un operaio in abiti da lavoro, come ad esempio gli Spaccapietre di Courbet.

Lavorano con fatica, non son certo un’immagine gradevole, non guardano lo spettatore perché sono impegnati  e concentrati. I vestiti sono laceri e si vedono bene tutti gli attrezzi da lavoro a portata di mano.

Anche le Spigolatrici di Millet ci mostra un lavoro faticoso e in questo caso anche molto poco appagante. Fece scandalo tra la ricca nobiltà francese quando venne esposto al Salòn del 1857 perché in pratica era un po’ un atto di accusa nei confronti della ricca classe dirigente. Le tre donne, soprannominate subito “le tre grazie dei poveri”, hanno aspetto dimesso e viene mal di schiena solo a guardarle. Raccolgono le spighe di grano avanzate dopo la mietitura, insomma lavorano per recuperare gli scarti. Abiti consumati, mani arrossate e gonfie, non son certo eleganti e gradevoli alla vista. L’unica cosa che attenua un po’ tutta la scena è la luce, quella luce che ci ricorda la presenza divina nel cielo con lo stormo di uccelli che volano liberi…liberi come quelle donne non saranno mai.

Come accusa alle condizioni in cui erano costretti a vivere molti lavoratori dell’epoca, come ad esempio il Vagone di terza classe di Daumier

Le figure hanno lo sguardo perso nel vuoto a causa della stanchezza. Le posizioni stesse con cui sono seduti ci fanno fisicamente sentire la fatica sopportata, bambini donne, anziani…non si riesce a dare loro un’età precisa perché son praticamente tutti con i volti deformati dalla loro vita di fatica e lavoro e   anche un viaggio che dovrebbe essere quasi un momento di riposo e a volte di gioia…diventa una sorta di girone infernale, ammassati tra altri lavoratori in un vagone dove, ricordiamolo, era anche possibile caricare animali vari, andando così a formare un ambiente non certo profumato ed accogliente.

Come immagine poetica dell’onestà del lavoro che serve a creare, in terra, quella che è la volontà di Dio che comunque vede e provvede ed è sempre presente nella vita dei credenti, come nell’Angelus di Millet

Il momento coglie i due lavoratori nei campi durante un attimo di pausa e di riposo, al suono delle campane ci si ferma a pregare per tre volte al giorno (alba, mezzogiorno e tramonto). La chiesa c’è, sullo sfondo e la pausa è anche il momento per tirare il fiato. Il lavoro nei campi è duro, gli attrezzi (carriola, secchi e rastrello),  vengono messi momentaneamente da parte. Capo chino e mani giunte è il momento della preghiera a Dio che è nell’aria, in quella luce soffusa presente  in molte opere di questo artista. Una luce calda che accompagna e quasi protegge chi si comporta bene, lavorando e pregando, in cambio di una vita…chissà se non proprio felice, almeno con la dignità data dall’onestà. 

ED ECCO I NOSTRI LAVORI!

Corso Pon di Arte Pratica e Indirizzi della scuola media Quintino di Vona

Corso Pon di Arte Pratica e Indirizzi della scuola media Quintino di Vona

Il corso Pon di Arte Pratica quest’anno ha permesso la realizzazione di 6 pannelli in mdf con i personaggi dei rispettivi indirizzi del mio Istituto Scolastico.

In pratica ogni due sezioni corrispondono ad un personaggio che rappresenta le caratterizzazioni del corso che sarà poi il percorso scolastico dei tre anni.

Le 30 ore di lavoro, tra progettazione e realizzazione, hanno impegnato una ventina di validissimi collaboratori provenienti da varie classi seconde della scuola!

Abbiamo usato un primer aggrappante come base e normali colori all’acqua da parete (una enorme latta di bianco e svariati concentrati di colore). Come protezione finale abbiamo passato una mano di vernice lucida protettiva.

I pannelli frontalmente rappresentano il personaggio cui è dedicato l’indirizzo mentre nel retro hanno la sua iniziale e qualche oggetto per rendere immediata la caratterizzazione del percorso.

Saranno poi utilizzati in maniera variabile, durante gli Open Day, durante i concerti dell’indirizzo musicale e durante le feste di fine anno!

Gocce e biglie tridimensionali con tutorial di disegno passo a passo

Gocce e biglie tridimensionali con tutorial di disegno passo a passo

Gocce e biglie tridimensionali…fanno scena eh?!

Impariamo a disegnare gocce e biglie tridimensionali e…nessuna paura: basterà seguire il tutorial di disegno passo a passo!

Occorrente:

  • 1 cartoncino grigio (io ho usato il fondo di un album), ma il lavoro viene bene anche su foglio normale bianco
  • tappi di tutte le misure ma anche qualsiasi oggetto tondo da usare come dima (tappi, spillette, monete…anche il compasso va bene eh…ma per le goccine piccole è più comodo usare una dima!)
  • una riga o un righello per segnare dove andrà a finire l’ombra
  • matite colorate, se usate il cartoncino grigio meglio preferire una marca un po’ grassa (andranno bene quelle che avete, al massimo  farete più fatica a sfumare), matita 2B, 3B e un correttore bianco a penna (o un qualsiasi pennarellino bianco)

BIGLIE

Guardate bene la differenza della luce che va a definire le forme solide da quelle liquide…

Nelle biglie procedete così

GOCCE LIQUIDE

Attenzione perché dovete ricordare che la luce passa attraverso la goccia e si riflette al suo interno…quindi è indispensabile procedere così (e volendo potete deformare un pochino il vostro cerchio perfetto)

e ora volete davvero esagerare?! ma siiii dai dai daiiiiii

GOCCIA DI ACQUA SU SUPERFICIE COLORATA

…vediamo come ve la siete cavata… attendo fiduciosa!

RITRATTO E AUTORITRATTO RINASCIMENTALE

RITRATTO E AUTORITRATTO RINASCIMENTALE

Il ritratto ha una storia antica…antichissima e viene ben prima dell’autoritratto che propongo come lavoro nelle mie classi di seconda media proprio mentre studiamo il primo Rinascimento. (…in fondo alla pagina guardate che lavori pazzeschi han creato! ;))

Gli egizi distinguevano bene chi e come ritrarlo. I faraoni rappresentavano la divinità e quindi erano una bellezza idealizzata, perfetta e sempre uguale nei secoli (tranne Akhenaton, il faraone che per primo cambiò la religione e quindi l’unico di cui abbiamo un’immagine realmente somigliante). Ma i ritratti realistici, nell’antico Egitto, erano solo per le persone comuni come ad esempio uno scriba…

Nel periodo dell’arte assiro babilonese e poi in quello che si concentra su cretesi e micenei troviamo qualche altro esempio di ritratto ma si tratta sempre di ritratti intenzionali, cioè sempre simili tra loro e solo in qualche raro caso c’è il ritratto tipologico che non somiglia quindi al soggetto ma che ci permette di capirne rango, potere e categoria sociale cui appartiene.

 

L‘arte greca all’inizio ricerca solo la bellezza ideale e quindi Kore e Kouros, rappresentano rispettivamente la bellezza femminile e maschile. Un sorrisino accennato e nulla più…e nessuna distinzione caratterizzante se non pura bellezza come nel caso del doriforo. Ma pian piano i greci scopriranno le piccole caratteristiche che ci rendono unici…e se in Pericle sono ancora pochine e serve il nome inciso in baso per aver certezza del personaggio che ci appare bello, forte ed elegante… Euripide lo potremmo riconoscere anche incontrandolo casualmente per strada!

 

Gli etruschi iniziano gradualmente le caratterizzazioni dei volti…dai vasi canopi a volte qualcosa si può immaginare…ma pian piano arriveranno alla spietata accuratezza che negli artisti romani non farà sconti a nessuno… guardate il povero Commodo o il tempo che passa anche per Nerone…così come allo stesso modo, in maniera sincera,  esalterà la bellezza appena potrà, come ad esempio nel ritratto di Faustina Minore.

l’arte bizantina e paleocristiana si concentra sulla religione, sui simboli…i ritratti son proprio l’ultimo dei loro pensieri. I volti son quelli e la distinzione tra le persone la fanno gioielli e accessori.

Arnolfo di Cambio ci propone quello che è probabilmente il primo ritratto realistico in Europa: Carlo I d’Angiò. Umanissimo, con tanto di rughe anche se ben determinato e fiero. Giotto ritrae il suo committente, il banchiere Enrico Scrovegni e già che c’è si autoritrae con cappellino giallo di fianco a Dante con coroncina di foglie di alloro regolamentare e anche Masaccio metterà in primo piano, di profilo e molto ben riconoscibili, i committenti della sua Trinità.

Pisanello è tra i primi a recuperare l’idea romana del ritratto di profilo sulle medaglie. Là gli imperatori…qui i grandi nomi delle Signorie italiane e seguirà lo stesso schema stilistico anche nei ritratti in pittura, importanti, appunto, come imperatori in epoca romana.

A questo punto il ritratto diventa davvero uno status symbol: se sei qualcuno, anche se non sei nobile ma solo ricco,  devi assolutamente avere un tuo ritratto e…decisamente somigliante, magari realizzato da Antonello da Messina. Poi magari scegli di farti ritrarre solo dal tuo lato migliore come farà il Duca di Urbino, Federico da Montefeltro, dopo che un incidente gli devasterà il lato destro del volto…

Ma il profilo spesso è anche una scelta utilissima per sottolineare ed enfatizzare eleganza e bellezza come fanno Antonio e Piero del Pollaiolo ma anche il Ghirlandaio e tanti altri… son veri maestri nei ritratti di donne belle, eleganti e fieramente di profilo!

Botticelli rappresenta Dante di profilo con quella caratteristica fisica che rimarrà per sempre nei nostri ricordi scolastici: il naso importante e allo stesso tempo la bellezza di Simonetta Vespucci, modella della Primavera, viene sottolineata dal profilo che mostra un’acconciatura che è un trionfo di nastri intrecciati e perle… Leonardo, famoso per il ritratto della Gioconda ritratta frontalmente, sceglie il profilo per la bellezza pacata di Bianca Sforza, figlia illegittima del Duca di Milano…

Insomma il ritratto nel corso dei secoli è sempre stato protagonista nell’arte…

Ora i protagonisti siete voiii!!!

-Foglio 33×48 liscio o ruvido, appoggiate il volto e fatevi dare una mano da un compagno di classe per passare con attenzione la matita lungo tutto il vostro profilo passando anche per tutto il resto del cranio (facendo attenzione ai capelli che spesso rischiano di far deragliare la matita).

 

-Sistemate ora il vostro ritratto scegliendo se farlo somigliante o…sognante e immaginario

-come abbiamo ben visto nella lezione del video dedicato al ritratto dalle origini al 1400…anche lo sfondo è importante. Scegliete se usarlo per raccontare parte della vostra vita, per anticipare quello che vorreste fare in  futuro o se usarlo come sfondo puramente decorativo per far risaltare il vostro volto. La tecnica libera prevede quindi qualsiasi materiale. Matite colorate, pennarelli, collage e tempere…

GUARDATE CHE AUTORITRATTI PAZZESCHIIIIIIII

E ATTENZIONE: IN QUESTO CASO ABBIAMO AVUTO ANCHE DEGLI “OSPITI A DISTANZA” CHE HANNO SCELTO DI REALIZZARE COME NOI IL LORO AUTORITRATTO DI PROFILO CONDIVIDENDO POI I LORO BELLISSIMI LAVORI! BENVENUTI RAGAZZI DELLA SMS ENRICO MATTEI DI CASTEL DI LAMA!

Keith Haring e Radiant Vision alla Villa Reale di Monza

Keith Haring e Radiant Vision alla Villa Reale di Monza

KEITH HARING e RADIANT VISION

La mostra arrivata all’Orangerie della Villa Reale di Monza sta toccando le maggiori città del mondo da 4 anni… è una piccola e bella mostra che mi ha permesso di ripassare un po’ le mie conoscenze dei lavori di Keith Haring allargando  l’argomento anche a opere non esposte ma magari solo citate (perché la sua carriera sarà anche durata poco ma questo artista ha lavorato davvero tantissimo!). Ed ecco la pop art, con una punta di Street art, un pizzico di popshop e, perché no, un ricordo milanese! 100 opere tra litografie, serigrafie, disegni su carta e manifesti…tutto coloratissimo, con quella spregiudicata voglia di risaltare tipica degli anni ottanta!

Keith Haring inizia il suo viaggio artistico, breve ma intensissimo,  dalla Pennsylvania, dove era nato nel 1958 e dove aveva iniziato fin da subito a disegnare, anche grazie al padre, appassionato di fumetti, che lo incoraggia…   E’ un adolescente un po’ sciagurato eh…insofferente alle regole, si perde un po’ nel consumo di droghe e alcool con gli amici… molla quasi subito un paio di scuole d’arte iniziate e mai finite…insomma è un artista autodidatta che  si forma in maniera autonoma su libri di artisti come Dubuffet, Pollock, Klee…

ed ecco Radiant Baby, l’opera che presta il titolo alla mostra,  il bambino sacro, quasi un bambin Gesù, ricordo forse della forte educazione religiosa ricevuta. Simbolo di purezza e speranza per il futuro…forse eh…perché Haring non spiegava quasi mai le sue opere che vanno tutte interpretate!

Haring-Radiant-baby-1986

Ma Pittsburgh gli sta stretta e nei primi anni settanta era quasi un obbligo andare a  New York dove Haring è un giovane artista che frequenta i giri giusti del momento: il Club 57, un locale leggendario situato nel seminterrato di una chiesa polacca, punto di incontro tra artisti, attori e musicisti più in vista del momento, tipo Madonna, Cindy Lauper e il giovane artista Basquiat.

Nel 1978 Haring scriverà nel suo diario: «Il pubblico ha diritto all’arte, l’arte è per tutti!» ed è subito pop art, popular art, arte per tutti e qualche amico lo rimprovera anche per questa sua scelta così poco remunerativa di disegnare sulle magliette di chi lo fermava per strada riconoscendolo… oppure  sui motorini, su qualsiasi  oggetto a portata di mano…insomma un omino gioioso non lo negava a nessuno. Senza spiegare le sue opere, senza firmarle…erano comunque riconoscibilissimi, erano sue, e lui le regalava senza guadagnarci nulla

Inizia quindi in maniera dichiaratamente illegale la sua carriera artistica: diventa amico di vari street artist del momento e si inserisce nella scena artistica underground iniziando a mettere la propria tag su manifesti pubblicitari e poster, crea slogan divertenti modificando le scritte pubblicitarie e nel 1980, proprio in metropolitana, si accorge di poter fare la differenza. Gli spazi sotterranei erano pieni di manifesti pubblicitari coperti da carta nera a causa delle varie concessioni pubblicitarie scadute. Haring corre a prendere dei gessetti e si mette all’opera e lo fa per cinque anni….fino a quando, ormai troppo famoso, dovrà smettere per forza di cose perché nonostante qualche arresto per «condotta criminale», la gente accorreva per vederlo all’opera lì, in strada, in mezzo a loro

Haring ormai è famoso e lo è davvero…alle opere libere, vandaliche, in mezzo alla gente, si affiancano mostre di tutto rispetto. Dopo la prima mostra nel 1979 entra a pieno  diritto nel gruppo di artisti che contano negli anni ‘80 e  conoscerà Basquiat che diventerà suo amico e che gli presenterà il suo idolo: Andy Warhol! Nella sua personale del 1982 nella Tony Shafrazi Gallery, che peraltro andò benissimo,  ci saranno come ospiti e sostenitori nomi del calibro di Lichtenstein e Rauschenberg…e la fama di Haring arriva in Europa con mostre in Francia, alla Biennale di Parigi, in Olanda, Belgio e Italia, alla galleria di Napoli di Lucio Amelio nel 1983, poi a Bologna e alla Biennale di Venezia l’anno successivo.

E la sua storia artistica è molto legata all’Italia: una delle sue ultime grandi opere pubbliche, Tuttomondo, la realizza a Pisa nel 1989, un inno alla vita, l’opera pubblica sulla parete esterna del convento di Sant’Antonio a Pisa, definito da lui stesso «uno dei progetti più importanti che abbia mai fatto».  Ma già nel 1984, a Bologna, la mostra Arte di frontiera,  con le opere di Basquiat, Haring e Scharf, fa conoscere al pubblico italiano le ultime tendenze dell’arte americana: il graffitismo.

 

Ma negli anni ottanta se passavi dall’Italia…dovevi passare da Milano. E Grazie a quel personaggio particolarissimo che fu Elio Fiorucci, non proprio stilista, un po’ designer ma soprattutto creatore di quelli che all’epoca erano negozi ritrovo: un mix di oggetti, moda e tendenze, dove passare il tempo sentendosi quasi in un mondo parallelo. E Fiorucci chiama Haring, nel 1983, per un’idea folle: decorare il suo negozio in galleria Passerella in San Babila, di fronte al pubblico. Il negozio viene svuotato completamente e l’artista ha carta bianca per due giorni no-stop di perfomance creativa. Il negozio rimane aperto a chiunque e chiunque può andare a vedere Haring

Lo stile anticonformista di Haring e le sue immagini vivaci erano perfette per i manifesti pubblicitari che devono colpire gli spettatori trasmettendo loro messaggi in maniera rapidissima. Dal 1982 il suo lavoro è quindi molto richiesto tanto che nel corso della sua carriera produrrà più di cento progetti pubblicitari

 

Ma tantissimi altri lavori di Haring sono legati alla pubblicità e a collaborazioni commerciali, orologi Swatch compresi!

L’esperienza nel negozio di Fiorucci gli piace e gli permette di scardinare un po’ il sistema che regolava il mondo della richiesta e dell’offerta nel mondo dell’arte. Fino ad ora l’artista centellinava quasi la sua produzione, i clienti attendevano frementi di poter comprare le opere che erano esclusive…arriva Haring e cambia tutto! Produce beni di largo consumo. Opere d’arte che costano poco, alla portata di tutti…e vengono mvendute nei negozi, non nelle gallerie. Ed ecco i Pop Shop, il primo nel 1986 in Lafayette street, un negozio che era un po’ un’esperienza artistica immersiva e perfomativa…sì insomma è lo stile Fiorucci con l’artista che dipinge in mezzo al pubblico!

Haring era un artista impegnato in lotte serissime nonostante il suo stile pittorico, ricco di colori e segni decisi, mostrasse quasi sempre un mondo giocoso e in costante movimento. Nel 1984 realizza opere legate alla lotta all’Apartheid, figure nere che si battono per liberarsi dal cappio al collo tenuto in mano dall’oppressore bianco. Vuole sostenere il movimento anti segregazione razziale, lo stesso che si stava impegnando in quegli anni per dare il voto ai cittadini neri del Sud Africa… il modo per contribuire a questa causa  in maniera artistica fu un successo: riprodurre  queste figure nere, decisamente arrabbiate, stampandole su spillette, magliette e poster, per diffondere la consapevolezza di ciò che era questa profonda ingiustizia, vendendole poi a prezzo simbolico, senza guadagnarci quindi, anche durante i vari concerti dell’epoca, così da poter raggiungere quante più persone possibili.

Nella metà degli anni ottanta l’aids era l’incubo peggiore per tutti ma soprattutto era una condanna a morte quasi certa che mieteva maggiori  vittime nella comunità omosessuale. Haring, sensibilissimo al tema proprio perché molti dei suoi amici stavano combattendo con questa malattia, iniziò ad esporsi pubblicamente e usando la sua arte per veicolare il messaggio che avrebbe salvato moltissimi ragazzi suoi coetanei: fare sesso sicuro e di non discriminare i malati di aids che invece all’epoca erano visti come veri e propri untori, più colpevoli che vittime. E la sua più grande stampa, la Medusa head, la testa di Medusa creata in collaborazione con un tipografo danese che doveva sperimentare la sua nuova macchina da stampa, riprende ovviamente la figura mitologica di Medusa, la donna alata con i capelli che erano serpenti in grado di trasformare chiunque la guardasse negli occhi in statue di pietra… e un’interpretazione della medusa di Haring che in testa ha omini danzanti ma ben poco gioiosi potrebbe anche avere un significato potente: sono omini bloccati dalla medusa, che rappresenta forse il caos della vita, il male, il pericolo, la morte.

Per Haring l’attivismo di base era fondamentale. Si considerava un sostenitore delle cause umanitarie, impegnato a promuovere il benessere per tutti. Sensibilissimo ai problemi delle persone che lo circondavano sostenne tantissime battaglie, tutte in prima persona. Nel 1982 disegnò e fece stampare 20000 manifesti per sostenere la denuclearizzazione. Organizzò feste, mostre ed eventi per raccogliere fondi contro la carestia in Africa Nel 1986 protestò contro l’oppressione politica dipingendo una serie di figure intrecciate su di una porzione di 300 metri del Muro di Berlino, con i colori della bandiera tedesca.

Ma l’impegno di Haring si rivolge anche al problema terribile che nel 1986 stava affliggendo gli Stati Uniti: una nuova droga, potente, letale, a basso prezzo e quindi a larghissima diffusione: era il crack! In quegli anni venne organizzato anche un mega concerto per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi per un programma contro la droga. Haring era molto sensibile a questo tema e partecipò alla realizzazione dell’evento creando poster programma e biglietto: un grosso piede che calpesta la pipetta da crack, sorretta da due figure con una X che simboleggia la morte.

E ovviamente si impegnò anche per la lotta ai diritti delle comunità lgbt…nel 1989 per il servizio postale americano ha realizzato il timbro commemorativo della manifestazione del 1969, quando i membri della comunità lgbt organizzarono una protesta contro i maltrattamenti che subivano regolarmente da parte della polizia, l’inizio insomma delle lotte per i diritti degli omosessuali. I moti di Stonewall che all’epoca era un bar gay dove la polizia irruppe dando vita ad uno scontro molto violento, considerati il momento della nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo.

 

Durante tutta la sua breve carriera Haring dimostrò una dedizione assoluta nei confronti dei più giovani, battendosi per i loro diritti compreso quello alla salute e sostenendone lo sviluppo creativo. Per lui i bambini rappresentano l’onestà, l’espressività e l’immaginazione. Era amico dei giovani che abitavano nel suo quartiere e lavorava con loro a progetti artistici… L’artista ha sostenuto molte cause a favore dell’infanzia realizzando un’infinità di murales e sculture per ospedali pediatrici, ambulatori, chiese e centri di aggregazione. Per i figli del suo mercante tedesco realizza un libro illustrato con soli due colori. Forme che nascono in maniera quasi casuale e rappresentano un gioco, una favola illustrata tutta da raccontare, un  modo per entrare in contatto con il gioco infantile…

Haring, The story of red and blue, 1989

Con Sean Kalish, un bambino delle elementari che passava molto tempo nel suo pop shop, realizza opere a 4 mani…uno dei due iniziava l’opera e l’altro la proseguiva per poi decidere insieme se dichiararla finita o andare ancora avanti nel lavoro… una vera e propria collaborazione creativa.

Nella mostra di Monza c’è una sezione dedicata alla sua eredità… opere di altri artisti suoi amici da lui comprate perché gli piacevano, ricevute in scambiando una sua opera per un’altra… o anche solo per dar loro un aiuto economico. Ma la vera eredità di Haring rimane nella sua idea: “I miei disegni non cercano di imitare la vita ma cercano di crearla e inventarla”. Ed ecco perché le sue icone, le sue figure riprese anche a distanza di anni e magari realizzate senza colori ma solo  a pressione,  bianco su bianco, rimangono comunque riconoscibilissime, rimangono sue anche se spesso non c’è nemmeno la sua firma, perché non serviva, perché non c’era tempo, perché Haring disegnava al volo, di corsa, direttamente sulla maglietta indossata da un suo fan che lo fermava per strada…regalando arte, regalando la sua visione del mondo.

Un mondo di omini danzanti, coloratissimi come i Best buddies, forma semplice con figure senza razza o orientamento sessuale definito… oppure omini misteriosi come Growing Suite, dove un omino ci mostra in realtà le varie sfaccettature del nostro essere a seconda di ciò che ci circonda e di ciò che compone la nostra personalità e a volte sono omini in pose decisamene esplicite, era il momento dell’impegno con i temi dei diritti lgbt, dell’aids, del sesso sicuro…

Uomini nudi, essenziali, di forte impatto visivo…Proprio come una delle immagini più folli che ci rimangono dell’artista, realizzata dalla famosissima fotografa Annie Leibovitz che deve ritrarlo per una rivista (che peraltro  chiuderà prima di poter pubblicare il servizio!) l’artista è nudo e ricoperto dai suoi segni che disegnano anche il set fotografico originariamente bianco. Haring confuso con l’opera d’arte perché effettivamente anche Keith era, egli stesso, un’opera d’arte.

Bosch e un altro Rinascimento a palazzo Reale a Milano

Bosch e un altro Rinascimento a palazzo Reale a Milano

Bosch e un altro Rinascimento, a Palazzo Reale: una mostra dedicata non tanto e non solo all’artista olandese…ma soprattutto a quanto il suo lavoro abbia poi  influito su tutti i suoi contemporanei!

Nella mappa si può vedere il suo successo concentrato soprattutto in Italia settentrionale, Spagna e mondo asburgico (Il re Filippo di Spagna fu un vero appassionato di questo artista tanto da portarlo a collezionare le opere di Bosch comprandole un po’ ovunque ed ecco perché ancora oggi la Spagna è tra i Paesi che possiedono il maggior numero di opere di Hieronymus Bosch).

1 Bosch e il fantastico

Bosch, Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio (aperto), 1501

Al rinascimento ufficiale quindi, quello classico, L’artista olandese contrappone un mondo con scene infernali e oniriche. Pensate: è proprio un cronista suo contemporaneo, Marcantonio Michiel, a fornire la prima descrizione delle opere di Bosch usando parole come: inferno, mostri e sogni. Di Bosch si parla, all’epoca, come di pictor gryllorum, pittore di scene ridicole. Ed ecco che la mostra si apre con quella che è l’opera probabilmente più emblematica del lavoro di Bosch: Il Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio. Nella stessa opera troviamo tutte le caratteristiche associate a questo artista: fuochi infernali, architetture contorte, mostri, ibridi, personaggi grotteschi e scene stravaganti.

La parte esterna del trittico è monocroma, tranne una piccolissima torcia accesa, in rosso fuoco. Questa realizzazione a grisaglia non è nuova nella tradizione fiamminga. E’ una scelta anche teatrale…all’apertura dei pannelli esterni, i fedeli rimanevano ancora più stupiti di fronte alla meraviglie delle immagini colorate della pala d’altare aperta.

Il trittico dei Santi eremiti, della fine del 1400, in prestito da Venezia, faceva probabilmente parte della collezione che già sin dal primo cinquecento, era di proprietà del cardinale veneziano Domenico Grimani. Quest’opera tra l’altro ha anche la firma dell’autore, bene in vista in basso nel pannello centrale.

Bosch Trittico degli eremiti, fine 1400

Anche nelle meditazioni di San Giovanni Battista, apparentemente più tranquilla, in realtà troviamo la cifra stilistica di Bosch: forme strane e scene impossibili…sono opere che vanno viste da vicino, nei minimi particolari. Ed è questa anche una scelta artistica per stimolare la curiosità dello spettatore e per costringerlo a fermarsi ad osservare e a meditare sulle scene che presentano sempre diversi livelli di lettura, sia moralistico-religiosi che ridicoli e allegorici.

Hieronymus Bosch: San Giovanni Battista in meditazione, 1495

2 Classico e anticlassico tra Italia e Penisola Iberica

Nell’immaginario comune dell’epoca quindi…lo stile di Bosch si lega soprattutto all’aspetto fantasioso e bizzarro delle sue opere. Nel rinascimento diventa quindi una sorta di alternativa…un altro rinascimento, appunto.

Ma questa dicotomia così forzata lo è soprattutto per noi ora. Noi oggi identifichiamo il rinascimento con l’arte classica con la ricerca dell’equilibrio e del bello ma se ci pensiamo bene…anche  Leonardo da Vinci, artista d’eccellenza del rinascimento…già nel suo codice trivulziano si era divertito ad inserire figure caricaturali con volti deformi, tutto sommato non così distanti dalle immagini folli di Bosch.

Nel cinquecento, il fantastico e il mostruoso era una parte figurativa ben presente nelle grottesche, che sono poi di origine classica, riscoperte negli affreschi della Domus aurea diffusa anche grazie alle rielaborazioni di Raffaello.

Grottesche Domus Aurea

E troveremo quindi decorazioni simili in forme e contesti differenti: come motivo a stampa nell’esempio di Nicoletto Rosex, incisore italiano, che crea grottesche con nudi, mascheroni e elementi fantastici che verranno poi riutilizzati nel 1530 per i rilievi dell’Università di Salamanca… e sempre a  Salamanca troviamo poi una serie di capitelli mostruosi nel chiostro del convento di Las Duenas.

Le sculture in legno policromo e dorato del Retablo de San Benito di Berruguete, ma anche quelle di   Gaspar de Tordesillas, suo allievo, che realizza il  Retablo de San Antonio Abad nello stesso monastero a Valladolid, uniscono la tradizione medievale al recupero del mondo classico ai nuovi modelli rinascimentali.

E le stesse decorazioni a grottesche le troviamo anche negli arazzi su disegno di Perin del Vaga, allievo di Raffaello, realizzati per la residenza di Andrea Doria a Genova.

Maestro della marca geometrica da un cartone di Perin del Vaga, Arazzo grottesca con allegoria del dio Marte, 1540-60

Insomma il fantastico e le sue molteplici interpretazioni continueranno a coesistere per tutto il millecinquecento: lo scudo di Praga con mostri in perfetto  in “stile Bosch” accanto alla Rotella milanese post raffaelliana di evidente stampo classico.

3 Il sogno

Nell’Europa meridionale il nome di Bosch viene associato fin dai primi decenni del 500, all’invenzione pittorica di inferni, sogni e incubi e fin da subito viene ripreso da artisti suoi seguaci.

Il tema onirico lo ritroviamo un po’ ovunque e il collegamento diretto va subito alle invenzioni di Bosch, anche nei mostriciattoli riprodotti addirittura nei calamai.

calamai con mostri marini

Anche in opere apparentemente…normali, come Il Sogno della scuola di Battista  Dossi e l’Allegoria della vita umana di Ghisi, … in tutte queste opere in realtà troviamo collegamenti diretti alle scene di Bosch, ai suoi mostri e ai suoi incubi.

4 La magia

Riti magici e sabba infernali diventano soggetti molto apprezzati fino al seicento inoltrato. Non dimentichiamo i processi per stregoneria e la pubblicazione di manuali e trattati per riconoscere e punire le streghe…Di volta in volta troveremo il Diavolo rappresentato da donne seduttive oppure streghe orribili che mangiano bambini.

5 Visioni apocalittiche

Il giudizio universale è lo spartiacque tra salvezza e dannazione eterna. Nella religione cristiana si vede spesso Cristo che separa meritevoli e peccatori. E ovviamente è un soggetto che piace parecchio a collezionisti e committenti delle opere di Bosch…il trittico del Giudizio Universale esposto qui a Palazzo Reale apparteneva al cardinale Marino Grimani nipote del collezionista veneziano Domenico Grimani. Ed è un vero piacere osservare i mostri marini e terrestri che affiancano i demoni che hanno creato ogni sorta di sistema per meglio torturare i peccatori!

Bosch, Giudizio Universale, interno, 1500

Il giudizio finale, il paradiso e l’inferno  diventano  quindi un’ottima scusa per dipingere mostri, demoni e immagini perfettamente in linea con quelle di Bosch.

Attraverso la stampa e una sorta di passaparola dell’arte l’invenzione di Bosch arriverà fino alle chiese peruviane del diciassettesimo secolo come nel caso dell’immenso giudizio universale nel convento di S. Francesco a Cuzco …

Diego Quispe Tito, Giudizio Universale, Convento San Francesco, 1675, Cuzco

6 Le tentazioni di Sant’Antonio

Bosch e i suoi seguaci amano questo soggetto e ne fanno svariate versioni che piacciono moltissimo in tutta Europa. L’iconografia del santo torturato dai demoni e tentato da donne sensuali ha sicuramente un carattere morale …ma è anche la scusa per dare carta bianca all’artista che potrà così sbizzarrirsi tra mostri e chimere.

 

Ma qui non è solo Bosch a fare scuola ma anche l’artista tedesco Martin Schongauer che ci mostra il santo trasportato fisicamente in cielo dai demoni.

7 la stampa come mezzo di divulgazione

Il marchio di Bosch, cioè  quelli che possiamo definire come mostriciattoli, non nasce immediatamente…ci si arriva tramite un processo di selezione e ripetizione di queste immagini e la diffusione delle opere di Bosch è avvenuta principalmente attraverso la stampa. Molti incisori, soprattutto fiamminghi, hanno fin da subito iniziato a riprodurre le sue opere dichiarandolo: sono idee di Bosch. C’è poi lo strano caso di Brueguel il Vecchio che non si limita a copiare le scene di Bosch ma le reinterpreta proprio, riuscendo quindi a vivere  esattamente nel mondo immaginario di Bosch preferendo l’emulazione all’imitazione e qui  possiamo vedere le sue intepretazioni attraverso le incisioni di Pieter van der Heyden tratte dai Sette oeccati Capitali di Brueguel, serie ricordata persino  dal Vasari che ne sottolinea anche l’intento umoristico.

8 Il mondo asburgico

L’arte di Bosch piace davvero tanto agli Asburgo, la dinastia che nel cinquecento dominava l’Europa, il bello è che anche il re di Francia, Francesco I di Valois, uno dei principali oppositori della casata asburgica, era molto interessato alle opere di Bosch…passione portata avanti anche dai suoi discendenti. Queste due famiglie dettavano un po’ la moda del momento e quindi è anche grazie a loro e alle loro corti,  se il fenomeno Bosch si trasferirà anche in  una serie di arazzi, qui anche una versione più tarda dell’arazzo dedicato all’elefante, arazzo svanito misteriosamente nel nulla…

9 la curiosità e il collezionismo enciclopedico

Nel Cinquecento nel mondo delle corti si sviluppano forme di collezionismo enciclopedico o universale. Insomma si colleziona di tutto di più…Delle camere delle meraviglie, le wunderkammer… con gli oggetti esposti e collezionati si esprime lo status sociale del proprietario e si cerca un collegamento con il mondo invisibile. Sono mirabilia, opere nate per suscitare sorpresa e anche qualche risata: dall’automa diabolico della Collezione Settala (che muoveva davvero occhi e bocca emettendo un suono infernale!) ai volti dell’Arcimboldo.

Oggetti reali che ritroviamo dipinti in forme magari assurde e incredibili con l’ormai riconoscibilissimo…tocco alla Bosch: uno stile nato per stupire e divertire uno spettatore del Rinascimento…che però ancora oggi lascia a bocca aperta anche la folla a noi contemporanea, stipata davanti a queste opere… modernissime per forme, colori e ironia.

La mia zattera della Medusa

La mia zattera della Medusa

Affrontando il Romanticismo…abbiamo conosciuto l’opera di Théodore Géricault, La zattera della Medusa e i tragici eventi che hanno ispirato l’artista per questo capolavoro drammatico.

In terza media si pensa al futuro con più ottimismo ma in pratica si è anche pronti ad iniziare un nuovo viaggio: quello verso la scuola superiore

Il tema quindi è quello della zattera, certo, ma vista più come un’imbarcazione non solo per la salvezza ma per il viaggio che ci attende.

Un’imbarcazione qualsiasi, purché possa galleggiare e che possa portare nel nostro viaggio ciò  cui teniamo e che riteniamo utile o indispensabile.

Un gatto, la chitarra, la musica in generale, lo sport, un’amicizia, un’esperienza unica e indimenticabile… Portiamoci dietro tutto, perché il nostro “tutto” fa parte del viaggio!

Tecnica libera, foglio piccolo, obbligo di linee a tratto pen nero da qualche parte…

Ed ecco alcuni dei risultati!

Escher al Museo degli Innocenti di Firenze

Escher al Museo degli Innocenti di Firenze

Escher al Museo degli Innocenti, partita da New York, passata poi per svariate città nel mondo e in Italia, come Roma, Genova e Milano eccola ora a Firenze. Una mostra itinerante e  campione di incassi dedicata a Escher: 200 opere esposte negli spazi unici dello storico Museo degli Innocenti progettato dal Brunelleschi, una mostra indimenticabile!

Con una parte di allestimento che permette allo spettatore di entrare praticamente a far parte di questo mondo di illusioni e inganni dell’occhio attraverso giochi e installazioni che lo rendono protagonista…perfettamente in linea con l’idea di Cornelis Escher

“Il mio lavoro è un gioco, un gioco molto serio”

L’artista gioca con l’architettura, con la matematica, con le regole prospettiche e spazia tra arte e scienza. Ecco perché nonostante sia stato scoperto ed apprezzato relativamente tardi…ancora oggi i suoi lavori affascinano lo spettatore e ispirano musicisti, designer e artisti…

I primi lavori dell’artista partono dall’Art Nouveau, movimento artistico caratterizzato da ornamenti e forme decorative ispirate ai soggetti naturali.Lo si capisce dai suoi primi lavori e anche dalla sua prima mostra, durata soli 13 giorni, in Italia, a Siena, al Circolo artistico senese, mostra per la quale lo stesso artista progetterà e realizzerà il manifesto, in bianco e nero, così come lo sono le sue opere: xilografie e litografie.

Collabora anche con poeti come il suo amico Aad van Stolk  per il quale illustrerà Flor de Pascua…perché è così che si vede Hescher, un illustratore dall’occhio molto attento, con una capacità grafica che diventa presto perfetta alleata per i giochi ottici che tanto lo renderanno famoso.

Con i Giorni della Creazione dedicati ai 6 giorni più importanti nella Bibbia, grazie alla rappresentazione del secondo giorno, ispirata alla Grande Onda di Hokusai, diventerà famosissimo anche in patria perché l’associazione per la promozione e l’estetica nell’istruzione superiore commissionò all’artista ben 300 stampe da appendere nelle classi delle scuole superiori olandesi.

Recupera anche dal passato il sistema degli emblemi fiamminghi e medievali, una combinazione didattico moraleggiante di immagini e testo,  destinata a far riflettere il lettore sulla propria vita. Li rappresenta con scritta in latino…e commento in olandese!

Il viaggio in Italia e la successiva lunga permanenza nel nostro paese…si vede in maniera ben chiara nella sua produzione: paesaggi, particolari, vedute…quasi una sorta di raccolta da Grand Tour settecentesco dove lo sguardo di Hescher si allena a definire l’immagine dell’insieme senza però mai tralasciare il particolare.

L’talia della amatissima Toscana ma anche tutto il sud: Sicilia, Abruzzo, Calabria e Costiera Amalfitana.

 

Anche se poi torna a lavorare e a vivere a Roma, suo punto fermo dove vivrà per anni assieme alla moglie, Jetta Umiker, figlia di un industriale svizzero sposata a incontrerà Jetta Umiker, figlia di un industriale svizzero sposata a Viareggio.

L’occhio di Escher è pazzesco sia nelle immagini di ampio respiro…che in quelle che possiamo immaginare abbiano richiesto forse una lente di ingrandimento o una visione davvero molto molto  ravvicinata…

L’altro viaggio fondamentale nel suo percorso artistico è sicuramente quello in Spagna, nel 1936, dove rimane folgorato dalla tassellazione, la decorazione tipica dell’Alhambra di Granada. La tassellazione sono figure geometriche che compaiono anche come ornamenti in edifici costruiti dai sumeri e anche un altro artista, prima di Escher, aveva iniziato a sperimentare questo sistema decorativo: Kolomon Moser che nel 1899 aveva pubblicato su Ver Sacrum, la rivista del movimento artistico Jugendskolomon moser till, una serie di figure animate…Ma, sorpresa sorpresa,  Escher venne a sapere di questo collega che in pratica lo aveva anticipato….solo nel 1954 e, serenamente dichiarò di sentirsi meno solo nella sua complessa ricerca di disegni simmetrici animati.

Lo spazio può essere diviso in maniera regolare dandogli anche un senso e una forma. Precisione e ripetizione , geometria e matematica. Insomma qui si arriva alla perfezione! I campi grigi e geometrici si trasformano in uccelli che si alzano in volo e…guardate bene: i bianchi vanno a destra mentre quelli neri a sinistra. La loro unione rappresenta il passaggio dalla notte al giorno così come il passaggio tra acqua e cielo avviene attraverso la forma dei rispettivi animali che vivono questi elementi. I pesci si alzano e si trasformano  in uccelli che volano in cielo…

Geometrie che diventano fantasie, spazi illusori e impossibili, immagini che si trasformano in altre immagini… Singole forme che ora sono soggetto e ora sono sfondo. Ma anche prospettive invertite, intrecci di linee in movimento, inganni visivi dell’occhio. L’occhio dell’osservatore è messo decisamente a dura prova. Metti a fuoco questo…ah no forse è quello…o quell’altro ancora il vero soggetto? Chissà…

Ed ecco che dalla tassellazione il passo successivo è breve:  iniziano le sperimentazioni dedicate alle superfici riflettenti che mettono, se possibile, ancora più in crisi le nostre certezze…

Escher mostra una sorta di attrazione per la struttura dello spazio più ancora che dell’elemento stesso. Spazio che ha una sua struttura matematica, certo, ma la sua passione per le forme dei cristalli e le superfici topologiche come il nastro di Moebius, cioè oggetti percepiti come se fossero a due face ma che se ben osservati in realtà ne hanno una sola…lo portano a immagini se possibile ancora più folli…

Forme che contengono altre forme…che sono esse stesse nuove forme…

Escher era un vero ammiratore delle opere di Piranesi, incisore e architetto italiano del settecento.  Le carceri d’invenzione, di Piranesi hanno geometrie rigorose seppur inquietanti, con ambienti, grate, scale e hanno sicuramente ispirato molte delle opere di Escher che si basano sulle architetture impossibili. Scale senza fine, cortili interni squadrati in piani sovrapposti e popolati da persone che sembrano quasi obbligate a stare in perenne movimento, salendo e scendendo ma di fatto senza poter cambiare mai realmente di piano.

Escher oggi è conosciutissimo e molto apprezzato. Si può quasi parlare di eschermania. Troviamo riferimenti ai suoi lavori nei campi più disparati. Dall’arredamento alla musica.  La rappresentazione del paradosso, infatti,  ha avuto un ascendente importante anche su musicisti e gruppi anni sessanta che hanno usato le sue opere come copertine dei loro album.

Le geometrie dell’artista olandese si ritrovano  in personaggi dei fumetti, come i personaggi dei cartoni animati come i simpson e delle serie tv come squid game nonché ovviamente anche in immagini pubblicitarie. Il punto di vista surreale ed impossibile di escher….è ormai entrato a pieno diritto anche nel nostro modo di vedere le cose.

MATERIALI ARTE E IMMAGINE

MATERIALI ARTE E IMMAGINE

Quali materiali servono per arte e immagine?

Facciamo una listina della spesa ricordando però che va bene qualsiasi marca!

  • DUE ALBUM F4 33X48 (le misure possono variare di poco a seconda della marca, vanno bene tutte!)- 1 LISCIO E 1 RUVIDO

  • MATITA HB, 2B E OVVIAMENTE UNA GOMMA. UN PENNARELLONE NERO E UN TRATTO PEN NERO (se trovate offerte fate scorta che questi due qui…van via come il pane!)

 

  • PORTAMINE A PINZA (utilissimo per recuperare tutte le puntine delle mine rotte. Ogni volta che una matita cade…una mina muore! ma noi la usiamo lo stesso yeah)

  • PENNARELLI PUNTA FINE

  • PENNARELLI PUNTA FINISSIMA (va benissimo una confezione minima con i colori base…ma se volete esagerare fate pure eh?!)

  • MATITE ACQUARELLABILI (E SE NE AVETE GIà DI NORMALI PORTATE ANCHE QUELLE!)

  • PENNELLO CON SERBATOIO (NE BASTA ANCHE SOLO UNO A PUNTA MEDIA)

  • UN QUADERNONE (a righe, a quadretti, a spirale, a raccoglitore, normale…insomma come preferisci!)

  • UNA CARTELLETTA  37X60X5 PER PORTARE AVANTI E INDIETRO DA SCUOLA TUTTA QUESTA BELLA ROBETTA! OPPURE UN TUBO PORTADISEGNI (insomma i vostri capolavori vanno protetti dalla pioggia!)

 

 

Non spaventatevi per la richiesta così importante: ricordatevi che molte di queste cose le userete per tre anni (o quattro, o cinque  o sei anniiii se sarete bocciati ehehehhe) e spesso saranno ancora utilissimi anche a scuola finita!

Guernica e la guerra

Guernica e la guerra

Guernica, l’opera di Picasso, nasce quasi all’improvviso e nasce con e contro la guerra.

Il Governo Repubblicano spagnolo nel mese di gennaio del 1937, richiede all’artista un’opera che rappresenti la Spagna all’Esposizione mondiale di Parigi in quello stesso anno. Passano tre mesi e mezzo e Picasso ancora non ha iniziato il suo lavoro. Si avvicina a quella tela immensa ma manca l’ispirazione…chissà. Il 26 aprile 1937, le forze aeree italo-tedesche in appoggio ai nazionalisti franchisti che tentavano di rovesciare la Repubblica spagnola, bombardano  Guernica,  città basca. L’incursione aerea della Legione Condor con  la partecipazione dell’Aviazione Legionaria italiana mette in moto Picasso che terminerà l’opera a giugno dello stesso anno, appena in tempo per l’Esposizone. Ma Picasso è a Parigi in quel periodo…”vede” quindi la guerra, la morte e la distruzione, attraverso i giornali che informano il mondo di quell’orrore. Giornali in bianco e nero che in parte vengono citati nella parte bassa delle figure, con quei trattini tanto simili ai caratteri di stampa.

Giornali che ho quindi chiesto ai ragazzi di utilizzare liberamente…cercando e scegliendo articoli e titoli riguardanti la guerra attuale, in Ucraina ma  possibilmente, cercando anche riferimenti ad altre guerre perché nel mondo le guerre…non sono mai finite. Quotidiani in qualsiasi lingua e libera scelta del soggetto: tutta l’opera o solo qualche particolare. Unico obbligo: il non colore. La morte non ha colore. La morte per Picasso ma anche per noi, è rappresentata da un cartoncino nero, tratto bianco, carta di giornale.