Arte alla scuola media: considerazioni finali per ricominciare al meglio

Arte alla scuola media: considerazioni finali per ricominciare al meglio

Scopiazzando un’idea del collega di musica, prof. Vacchi, a giugno ho fatto scrivere ai miei alunni di prima e di terza media un “temino” dal titolo:

arte alla scuola media: considerazioni finali su questo anno di arte.

Ho volutamente saltato le seconde non perché avessero meno da dire (anzi!) ma perché volevo proprio capire come veniva immaginata -prima- e vissuta  -dopo-  la mia materia dai ragazzini al loro primo anno  e al loro ultimo anno di scuola media.

Dopo anni di precariato passato girando di scuola in scuola…potevo finalmente tirare le somme di tre anni consecutivi nella stessa scuola e lo dico: è stata una vera emozione per me.

Sapevo di correre un bel rischio eh …

Ho proprio detto loro: levatevi tutti i sassolini che avete in tasca, senza paura, parlate dei lati positivi e dei lati negativi -della materia e…ehm…e della prof!-

Insomma, mi son detta, qui vale comunque la pena di farsi del male con delle considerazioni  finali per poter poi ricominciare al meglio il nuovo anno scolastico!

Tutte le materie subiscono cambiamenti dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado, cambiano gli insegnanti, cambia l’approccio, cambiano le richieste e spesso anche il modo stesso di fare lezione.

Cambiano loro, cambiate voi, non più bambini delle elementari ma ragazzini delle medie…e non mi par poco!

Ho così fatto un paio di scoperte di cui voglio assolutamente rendervi partecipi.

-Arte e immagine alla scuola media è vissuta mediamente come una nuova scoperta (evvai, mi piace, lo cataloghiamo come parere positivo S.LR?!)

-E’ una delle materie giudicate tra le più divertenti e rilassanti, almeno stando a quanto dice C.M. (oh yeah son soddisfazioni) anche se A.R. si aspettava qualche cosa di meglio (sigh)

-Io son ben tollerata. Nonostante un look non sempre gradito a T.C. che però salva, bontàsua, i miei accessori. Per A.D invece ho capelli che paio appena uscita da un laboratorio, del resto per A.T. sono stramba (mio marito concorda). M.M. si emoziona quando mi sente parlare in milanese -ossignuuuurrrrr (dedicato a te!). N.C. non è molto convinta dei voti (prendo atto delle perplessità e cercherò di motivarli meglio l’anno prossimo, prooooomesso!). A.L. ha sofferto per la mia severità pur giudicandola equa (fiiiùùùùùù, son salva, forse). C.P. è terrorizzata dalle mie urla (anche io, giuro, mi terrorizzo da sola e mi riprometto di non urlare più ma poi ci ricasco).

-Storia dell’arte per alcuni è interessante, per altri invece rimane noiosa e F.M. lo conferma  (qui ho ampi spazi di miglioramento insomma)

I ragazzi che han concluso la terza media a giugno hanno sostanzialmente fatto le stesse considerazioni dei loro compagni di prima media aggiungendo magari qualche nota più personale riguardo i tre anni passati insieme. Molti di loro han dichiarato di aver messo a punto, con storia dell’arte, un metodo di studio valido anche per tutte le altre materie e questo me lo tengo lì come personale soddisfazione cui ripensare nei momenti bui…

Ok, sono pronta a ricominciare.

Pettinandomi meglio, urlando meno, motivando i voti dati, alleggerendo quanto più possibile le ore di teoria che vengono generalmente apprezzate da parecchi, tollerate da molti di più e, ahimè, proprio odiate da qualcuno.

I nostri alunni ci osservano, ci ascoltano, ci giudicano…esattamente come facciamo noi con loro.

Impariamo davvero gli uni dagli altri…il rapporto di scambio è costante.

E se qualcuno ha notato quanto io mi sia divertita a spiegare…io ho ben chiaro da sempre quanto sia importante anche far divertire imparando.

La vita è “doloresofferenzaefastidio” come dico sempre in classe (sogghignando con sadismo), almeno quando è possibile…facciamocela una bella risata!

 

Ma sono davvero veri?

Ma sono davvero veri?

Sono quadri veri e originali?

Vi sembrerà folle ma questa è davvero la domanda che mi viene sempre posta, tra lo stupore e la meraviglia, quando accompagno qualche classe di terza media a visitare un museo per la prima volta, magari la Pinacoteca di Brera.

Io ogni volta sobbalzo, o meglio sobbalzavo… ora conto semplicente fino al 3 e poi aspetto la fatidica domanda.

Che arriva sempre, ma proprio sempre eh!

Il bello è che lo stupore di trovarsi di fronte ad opere vere, originali “ma proprio quelle del libro” è sempre quello.

E’ la magia, è la meraviglia che genera incredulità.

Trovarsi di fronte al mito, partecipanti reali e presenti nello stesso spazio dell’opera originale crea davvero un attimo di spaesamento (senza necessariamente arrivare ai livelli da sindrome di Stendhal eh, però si tratta comunque di una forte emozione)

Pinacoteca di Brera

E zzzzacchete che arriva la domanda.

Da parte degli alunni, ma anche di molti colleghi…e anche da parte di mio marito, ingegnere poco avvezzo a frequentar musei d’arte (prima di conoscermi eh, ora lo trascin ehmmmm mi segue piacevolmente interessato anche se continua a preferire l’arte antica, ma su questo ci sto lavorando).

No, cari miei, no, non sono copie.

La Pinacoteca di Brera viene fondata fondata nel 1776 con decreto dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria.   L’idea nasce proprio per affiancare lo studio delle opere da parte  dei giovani artisti nell’Accademia di Belle Arti al piano sottostante.

Studiare gli artisti dal vivo significava osservare, copiare, analizzare gli originali…non certo delle copie!

Questa disposizione è rimasta immutata per secoli.

Al piano  terra quindi troviamo le aule (attualmente ci sono spostamenti in corso per qualche indirizzo, la Pinacoteca ha bisogno di più spazio proprio come  i moderni studenti), ma l’accostamento studio/opere originali non verrà mai  meno del tutto proprio perché si andrebbe a stravolgere l’idea originale.

E lo ripeto con il sorriso “sì, sono davvero veri!”.

Anche perché poi mi sorge un dubbio: ma esistono musei di sole copie?!

Avrebbe senso? Certo vedere un’opera in formato originale, magari una stampa di altissima qualità sarebbe pur sempre meglio che limitarsi ad osservarla su di un libro.

Ma la magia dove la mettiamo?

Quell’odore di colori ad olio, di polvere di secoli,  quel dettaglio che visto in controluce ci si rivela come una piccola scoperta…

La sola idea di poter intravedere un’impronta di Van Gogh, di guardare con i nostri occhi un particolare che Canaletto,  ben prima di noi, ha guardato e realizzato con maniacale precisione… È parte della magia!

Quindi cari miei…sì, sono tutte vere opere originali.

Trattatele con cura, osservatele con rispetto, annusatele con curiosità.

 

Omini rosa. Dubbi amletici tra baci e ceffoni

football angels

Omini  rosa

Stanno aumentando, soprattutto nella zona dove vivo.

Ho iniziato a “collezionarli” fotografandoli.

E’ scattata quasi una gara tra colleghi a chi ne vedeva di più.

Ha vinto lei, il segugio migliore, una vera e propria macchina da guerra che, molto probabilmente, in questi ultimi tempi a furia di andare in giro con il naso all’insù, in caccia (per mmmmme!),  ha rischiato molte volte di inciampare.

Ma la prof.ssa Russotto, indomita, ha continuato a mandarmi immagini di nuovi omini rosa.

Celo celo manca. Par quasi d’esser tornati ai tempi delle raccolte di figurine (son vecchietta, chiariamolo subito: mi son fermata all’album, completato davvero però, di Sandokan e della Perla di Labuan!).

A questa premessa generale però va aggiunta una nota non del tutto indifferente: sono un’insegnante di storia dell’arte.

Io in classe parlo ai miei alunni di artisti vari, da quelli del Rinascimento classico fino alla street art dei tempi moderni.

Io in classe educo, per contratto, alla bellezza.

Ma…devo anche educare!

Lo confesso senza vergogna; questi omini rosa, mannaggialloro, mi hanno spiazzata.

Mi ritrovo proprio ad esser combattuta.

Come li devo considerare? arte o vandalismo?

Certo io in classe parlo anche di artisti famosi che proprio sull’arte di strada han costruito la loro fama e la loro fortuna.

K. Haring, Banksy, Basquiat…anche loro prima di essere Loro son stati solo vandali, writers, sgraditi imbrattamuri.

 

Quando mi ritrovo a dover parlare di arte moderna ai miei alunni io entro in crisi, c’è poco da dire.

Mi ritrovo letteralmente dilaniata tra gusto personale e dovere, tra etica e morale,tra oneri e onori, tra vivi e seziona…

Come faccio a parlare di street art e nel contempo  a far passare il messaggio: no tu non puoi fare scarabocchi sui muri (perché fan schifo, perché son brutti, perchè non sei mica un artista, perché se ti beccoticorco)?!.

Tra l’altro mi piace condividere le perplessità con chi  vive attorno a me.

Parlarne fa crescere in me i dubbi facendo diminuire le già poche certezze che avevo…come dice mio marito “devo imparare a starmene zitta” altrochè!

Mio marito sostiene che avrebbe rotto una falangetta anche a Leonardo se lo avesse beccato a dipingere la Gioconda sulla parete di casa nostra senza aver prima chiesto permesso. Gli credo eh, non sta facendo una sparata tanto per dire…

Ma io da un lato lo capisco, approvo e concordo con il senso del discorso: la proprietà privata per me è davvero sacra.

Chiedimi il permesso e molto probabilmente non ti dirò di no.

Questi omini rosa ad esempio, li ho studiati per bene. Sono attaccati e mediamente poco invasivi, non son dipinti (tranne uno, orrore orrore, mi rovina quasi tutta la teoria che vede in Aloi un vandalogentile, insomma lo considererò una prova, un unicum quell’omino dipinto maledetto!), sono incollati, realizzati evidentemente con calma altrove e poi messi lì, in giro, in bellavista.

Su muri di case private, su centraline elettriche, su muri di edifici pubblici, a volte interi, a volte a pezzi, spesso quasi a sbucare e a far capolino.

Quei cosi rosini ci fissano, ormai ne son certa.

Sono a tratti ripetitivi, spesso ironici, molte volte divertenti, qualche volta criptici, ma sempre riconoscibili.

Cercando on line non è nemmeno difficile trovare notizie sul giovane artista (o vandalo?!), si chiama Christian Aloi,  si firma Aluà, 29 anni di Catanzaro.

Vive qui in zona, è un mio vicino di casa…ahhhh prima o poi lo becco, ahhh se lo becco! A quel punto dovrò decidere se dargli un bacio (in fronte, suvvia, non pensate male), o un ceffone (ancora non ho deciso dove).

Molti nel quartiere hanno adottato gli omini rosa, li considerano ormai “di tutti”, altri non li posson più vedere (Aluà nun t’allargà troppo, ti prego, risparmia i palazzi storici, fallo per me e per la mia coscienza dilaniata, tipregotipregotiprego).

Alcuni spariscono al volo (non ho fatto in tempo a fotografare quello che vomitava verde, umpft, avevo il cell scarico…se ne avete un’immagine sottomano passatemelo, è il mio santo graal!).

Del resto proprio Aloi in una recente  Intervista  ha dichiarato “se qualcuno non li apprezza può rimuoverli con il minimo sforzo“.

Secondo me iniziano ad andare a ruba anche per gradimento!

Non è certo il primo artista ad aver scelto la forma umana o proprio l’omino come cifra stilistica.

Mi viene immediatamente in mente, oltre al citato Haring, richiamo più diretto, anche il vecchio e amatissimo Mr Linea di Osvaldo Cavandoli dei primi anni ’70.

Ma da una rapida e quasi casuale ricerca di immagini in rete ne saltan fuori tanti altri di omini artistici: Exit Enter che imbratt ehm lavora a Firenze, ma anche Clet Abrhams, bretone, con gli omini nei cartelli stradali, sempre a Firenze (perchè sempre lì? mah forse il richiamo e il confronto diretto con l’arte rinascimentale…affascina.)

Ma anche Mike, all’anagrafe Michela Roffarè crea con gli omini, come fa da anni anche Blu Blu.  Del resto anche un marchio storico come Robe di Kappa ha scelto gli omini come logo.

Ora che ci ripenso, anche io da ragazzina, ho iniziato a far proprio omini (i miei spesso erano ammassati, grassi, spesso orgiastici…).

Questi risalgono ai primi anni ’80 mi sa!

il mio primo murale!

Ma…per voi questa è Arte o Vandalismo?

 Bacio o Ceffone?

La frase ricorrente

La frase ricorrente spesso ci rappresenta.

Può essere anche solo composta da due parole… a volte da un’unica parola di grande effetto.

Ci pensavo proprio l’altro giorno…(ebbene sì, a volte penso e son la prima ad esserne sorpresa!)

Origliav …ehm…ascoltavo i discorsi di un gruppetto di alunni mentre stavano disegnando.

Ho notato che quando le mani lavorano quasi in automatico…i pensieri scorrono liberi e le chiacchiere sottolineano il momento creativo.

Insomma…lo dico sempre: “mentre spiego tutti zitti!” ma “mentre disegnate…qualche chiacchieratina è quasi obbligatoria”.

L’altro giorno i discorsi riguardavano proprio la mia categoria, gli insegnanti.

Ogni docente ha una frase ricorrente…siamo umani, evidentemente ripetitivi e tristemente…riconoscibili.

Si va dal classico “zzzzzitti!”, al più consolatorio “non c’è male”, al drastico “non ci siamo”.

Io sono identificata da due parole, anzi da una parola…e da un verso.

1- pciuìpciuìpciuì (tipo il verso che si usa per chiamare i gattini quando è pronto il pranzo)

2- “fregatene e vai avanti”!

Le confermo entrambe eh, sia chiaro. Non ci avevo fatto nemmeno caso…ma le dico davvero.

Per richiamare l’attenzione di un ragazzo distratto a volte trovo più immediato pciuizzare (esisterà questo verbo? mah ne dubito…ma rende l’idea), piuttosto che interrompere l’intera spiegazione chiamandolo per nome e cognome.

E poi si arriva al mio, invero elegantissimo (ehmehm se mio marito mi chiama “camalla” -scaricatore del porto di Genova- ci sarà un perché…):

Fregatene e vai avanti!

Il panico da tela bianca che blocca l’artista non è solo una diceria o un modo di dire…esiste davvero.

Lo stesso panico blocca i miei artisti di fronte ad un errore imprevisto, al gesto non voluto che rischia di compromettere tutto il disegno e il foglio rovinato prevede la distruzione dell’opera (secondo loro…ma non certo secondo me!).

Fregatene, fai finta di nulla, passa oltre, pensaci dopo, o non ci pensare proprio…a tutto c’è rimedio.

Certo in qualche caso son la prima a dichiarare la resa “ok, concordo con te, questo lavoro proprio non è riuscito…lo rifacciamo meglio, che ne dici?”.

Ma trovo che riuscire a correggere l’errore sia un gesto ancor più creativo della realizzazione del disegno stesso seguendo l’idea originaria.

Volgere a nostro favore un imprevisto…porta spesso a soluzioni grafiche altrimenti impensabili.

Del resto nella vita…non tutto andrà sempre come previsto o come desiderato…

e come diceva la nonna: si fa di necessità virtù!

tempio

Ed ecco qui  un esempio pratico: un tempio attaccato per errore troppo in alto e ben distante dalla linea di terra. O lo…demolisci…o gli aggiungi un paio di ali che lo renderanno davvero unico!