Keith Haring e Radiant Vision alla Villa Reale di Monza

Keith Haring e Radiant Vision alla Villa Reale di Monza

KEITH HARING e RADIANT VISION

La mostra arrivata all’Orangerie della Villa Reale di Monza sta toccando le maggiori città del mondo da 4 anni… è una piccola e bella mostra che mi ha permesso di ripassare un po’ le mie conoscenze dei lavori di Keith Haring allargando  l’argomento anche a opere non esposte ma magari solo citate (perché la sua carriera sarà anche durata poco ma questo artista ha lavorato davvero tantissimo!). Ed ecco la pop art, con una punta di Street art, un pizzico di popshop e, perché no, un ricordo milanese! 100 opere tra litografie, serigrafie, disegni su carta e manifesti…tutto coloratissimo, con quella spregiudicata voglia di risaltare tipica degli anni ottanta!

Keith Haring inizia il suo viaggio artistico, breve ma intensissimo,  dalla Pennsylvania, dove era nato nel 1958 e dove aveva iniziato fin da subito a disegnare, anche grazie al padre, appassionato di fumetti, che lo incoraggia…   E’ un adolescente un po’ sciagurato eh…insofferente alle regole, si perde un po’ nel consumo di droghe e alcool con gli amici… molla quasi subito un paio di scuole d’arte iniziate e mai finite…insomma è un artista autodidatta che  si forma in maniera autonoma su libri di artisti come Dubuffet, Pollock, Klee…

ed ecco Radiant Baby, l’opera che presta il titolo alla mostra,  il bambino sacro, quasi un bambin Gesù, ricordo forse della forte educazione religiosa ricevuta. Simbolo di purezza e speranza per il futuro…forse eh…perché Haring non spiegava quasi mai le sue opere che vanno tutte interpretate!

Haring-Radiant-baby-1986

Ma Pittsburgh gli sta stretta e nei primi anni settanta era quasi un obbligo andare a  New York dove Haring è un giovane artista che frequenta i giri giusti del momento: il Club 57, un locale leggendario situato nel seminterrato di una chiesa polacca, punto di incontro tra artisti, attori e musicisti più in vista del momento, tipo Madonna, Cindy Lauper e il giovane artista Basquiat.

Nel 1978 Haring scriverà nel suo diario: «Il pubblico ha diritto all’arte, l’arte è per tutti!» ed è subito pop art, popular art, arte per tutti e qualche amico lo rimprovera anche per questa sua scelta così poco remunerativa di disegnare sulle magliette di chi lo fermava per strada riconoscendolo… oppure  sui motorini, su qualsiasi  oggetto a portata di mano…insomma un omino gioioso non lo negava a nessuno. Senza spiegare le sue opere, senza firmarle…erano comunque riconoscibilissimi, erano sue, e lui le regalava senza guadagnarci nulla

Inizia quindi in maniera dichiaratamente illegale la sua carriera artistica: diventa amico di vari street artist del momento e si inserisce nella scena artistica underground iniziando a mettere la propria tag su manifesti pubblicitari e poster, crea slogan divertenti modificando le scritte pubblicitarie e nel 1980, proprio in metropolitana, si accorge di poter fare la differenza. Gli spazi sotterranei erano pieni di manifesti pubblicitari coperti da carta nera a causa delle varie concessioni pubblicitarie scadute. Haring corre a prendere dei gessetti e si mette all’opera e lo fa per cinque anni….fino a quando, ormai troppo famoso, dovrà smettere per forza di cose perché nonostante qualche arresto per «condotta criminale», la gente accorreva per vederlo all’opera lì, in strada, in mezzo a loro

Haring ormai è famoso e lo è davvero…alle opere libere, vandaliche, in mezzo alla gente, si affiancano mostre di tutto rispetto. Dopo la prima mostra nel 1979 entra a pieno  diritto nel gruppo di artisti che contano negli anni ‘80 e  conoscerà Basquiat che diventerà suo amico e che gli presenterà il suo idolo: Andy Warhol! Nella sua personale del 1982 nella Tony Shafrazi Gallery, che peraltro andò benissimo,  ci saranno come ospiti e sostenitori nomi del calibro di Lichtenstein e Rauschenberg…e la fama di Haring arriva in Europa con mostre in Francia, alla Biennale di Parigi, in Olanda, Belgio e Italia, alla galleria di Napoli di Lucio Amelio nel 1983, poi a Bologna e alla Biennale di Venezia l’anno successivo.

E la sua storia artistica è molto legata all’Italia: una delle sue ultime grandi opere pubbliche, Tuttomondo, la realizza a Pisa nel 1989, un inno alla vita, l’opera pubblica sulla parete esterna del convento di Sant’Antonio a Pisa, definito da lui stesso «uno dei progetti più importanti che abbia mai fatto».  Ma già nel 1984, a Bologna, la mostra Arte di frontiera,  con le opere di Basquiat, Haring e Scharf, fa conoscere al pubblico italiano le ultime tendenze dell’arte americana: il graffitismo.

 

Ma negli anni ottanta se passavi dall’Italia…dovevi passare da Milano. E Grazie a quel personaggio particolarissimo che fu Elio Fiorucci, non proprio stilista, un po’ designer ma soprattutto creatore di quelli che all’epoca erano negozi ritrovo: un mix di oggetti, moda e tendenze, dove passare il tempo sentendosi quasi in un mondo parallelo. E Fiorucci chiama Haring, nel 1983, per un’idea folle: decorare il suo negozio in galleria Passerella in San Babila, di fronte al pubblico. Il negozio viene svuotato completamente e l’artista ha carta bianca per due giorni no-stop di perfomance creativa. Il negozio rimane aperto a chiunque e chiunque può andare a vedere Haring

Lo stile anticonformista di Haring e le sue immagini vivaci erano perfette per i manifesti pubblicitari che devono colpire gli spettatori trasmettendo loro messaggi in maniera rapidissima. Dal 1982 il suo lavoro è quindi molto richiesto tanto che nel corso della sua carriera produrrà più di cento progetti pubblicitari

 

Ma tantissimi altri lavori di Haring sono legati alla pubblicità e a collaborazioni commerciali, orologi Swatch compresi!

L’esperienza nel negozio di Fiorucci gli piace e gli permette di scardinare un po’ il sistema che regolava il mondo della richiesta e dell’offerta nel mondo dell’arte. Fino ad ora l’artista centellinava quasi la sua produzione, i clienti attendevano frementi di poter comprare le opere che erano esclusive…arriva Haring e cambia tutto! Produce beni di largo consumo. Opere d’arte che costano poco, alla portata di tutti…e vengono mvendute nei negozi, non nelle gallerie. Ed ecco i Pop Shop, il primo nel 1986 in Lafayette street, un negozio che era un po’ un’esperienza artistica immersiva e perfomativa…sì insomma è lo stile Fiorucci con l’artista che dipinge in mezzo al pubblico!

Haring era un artista impegnato in lotte serissime nonostante il suo stile pittorico, ricco di colori e segni decisi, mostrasse quasi sempre un mondo giocoso e in costante movimento. Nel 1984 realizza opere legate alla lotta all’Apartheid, figure nere che si battono per liberarsi dal cappio al collo tenuto in mano dall’oppressore bianco. Vuole sostenere il movimento anti segregazione razziale, lo stesso che si stava impegnando in quegli anni per dare il voto ai cittadini neri del Sud Africa… il modo per contribuire a questa causa  in maniera artistica fu un successo: riprodurre  queste figure nere, decisamente arrabbiate, stampandole su spillette, magliette e poster, per diffondere la consapevolezza di ciò che era questa profonda ingiustizia, vendendole poi a prezzo simbolico, senza guadagnarci quindi, anche durante i vari concerti dell’epoca, così da poter raggiungere quante più persone possibili.

Nella metà degli anni ottanta l’aids era l’incubo peggiore per tutti ma soprattutto era una condanna a morte quasi certa che mieteva maggiori  vittime nella comunità omosessuale. Haring, sensibilissimo al tema proprio perché molti dei suoi amici stavano combattendo con questa malattia, iniziò ad esporsi pubblicamente e usando la sua arte per veicolare il messaggio che avrebbe salvato moltissimi ragazzi suoi coetanei: fare sesso sicuro e di non discriminare i malati di aids che invece all’epoca erano visti come veri e propri untori, più colpevoli che vittime. E la sua più grande stampa, la Medusa head, la testa di Medusa creata in collaborazione con un tipografo danese che doveva sperimentare la sua nuova macchina da stampa, riprende ovviamente la figura mitologica di Medusa, la donna alata con i capelli che erano serpenti in grado di trasformare chiunque la guardasse negli occhi in statue di pietra… e un’interpretazione della medusa di Haring che in testa ha omini danzanti ma ben poco gioiosi potrebbe anche avere un significato potente: sono omini bloccati dalla medusa, che rappresenta forse il caos della vita, il male, il pericolo, la morte.

Per Haring l’attivismo di base era fondamentale. Si considerava un sostenitore delle cause umanitarie, impegnato a promuovere il benessere per tutti. Sensibilissimo ai problemi delle persone che lo circondavano sostenne tantissime battaglie, tutte in prima persona. Nel 1982 disegnò e fece stampare 20000 manifesti per sostenere la denuclearizzazione. Organizzò feste, mostre ed eventi per raccogliere fondi contro la carestia in Africa Nel 1986 protestò contro l’oppressione politica dipingendo una serie di figure intrecciate su di una porzione di 300 metri del Muro di Berlino, con i colori della bandiera tedesca.

Ma l’impegno di Haring si rivolge anche al problema terribile che nel 1986 stava affliggendo gli Stati Uniti: una nuova droga, potente, letale, a basso prezzo e quindi a larghissima diffusione: era il crack! In quegli anni venne organizzato anche un mega concerto per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi per un programma contro la droga. Haring era molto sensibile a questo tema e partecipò alla realizzazione dell’evento creando poster programma e biglietto: un grosso piede che calpesta la pipetta da crack, sorretta da due figure con una X che simboleggia la morte.

E ovviamente si impegnò anche per la lotta ai diritti delle comunità lgbt…nel 1989 per il servizio postale americano ha realizzato il timbro commemorativo della manifestazione del 1969, quando i membri della comunità lgbt organizzarono una protesta contro i maltrattamenti che subivano regolarmente da parte della polizia, l’inizio insomma delle lotte per i diritti degli omosessuali. I moti di Stonewall che all’epoca era un bar gay dove la polizia irruppe dando vita ad uno scontro molto violento, considerati il momento della nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo.

 

Durante tutta la sua breve carriera Haring dimostrò una dedizione assoluta nei confronti dei più giovani, battendosi per i loro diritti compreso quello alla salute e sostenendone lo sviluppo creativo. Per lui i bambini rappresentano l’onestà, l’espressività e l’immaginazione. Era amico dei giovani che abitavano nel suo quartiere e lavorava con loro a progetti artistici… L’artista ha sostenuto molte cause a favore dell’infanzia realizzando un’infinità di murales e sculture per ospedali pediatrici, ambulatori, chiese e centri di aggregazione. Per i figli del suo mercante tedesco realizza un libro illustrato con soli due colori. Forme che nascono in maniera quasi casuale e rappresentano un gioco, una favola illustrata tutta da raccontare, un  modo per entrare in contatto con il gioco infantile…

Haring, The story of red and blue, 1989

Con Sean Kalish, un bambino delle elementari che passava molto tempo nel suo pop shop, realizza opere a 4 mani…uno dei due iniziava l’opera e l’altro la proseguiva per poi decidere insieme se dichiararla finita o andare ancora avanti nel lavoro… una vera e propria collaborazione creativa.

Nella mostra di Monza c’è una sezione dedicata alla sua eredità… opere di altri artisti suoi amici da lui comprate perché gli piacevano, ricevute in scambiando una sua opera per un’altra… o anche solo per dar loro un aiuto economico. Ma la vera eredità di Haring rimane nella sua idea: “I miei disegni non cercano di imitare la vita ma cercano di crearla e inventarla”. Ed ecco perché le sue icone, le sue figure riprese anche a distanza di anni e magari realizzate senza colori ma solo  a pressione,  bianco su bianco, rimangono comunque riconoscibilissime, rimangono sue anche se spesso non c’è nemmeno la sua firma, perché non serviva, perché non c’era tempo, perché Haring disegnava al volo, di corsa, direttamente sulla maglietta indossata da un suo fan che lo fermava per strada…regalando arte, regalando la sua visione del mondo.

Un mondo di omini danzanti, coloratissimi come i Best buddies, forma semplice con figure senza razza o orientamento sessuale definito… oppure omini misteriosi come Growing Suite, dove un omino ci mostra in realtà le varie sfaccettature del nostro essere a seconda di ciò che ci circonda e di ciò che compone la nostra personalità e a volte sono omini in pose decisamene esplicite, era il momento dell’impegno con i temi dei diritti lgbt, dell’aids, del sesso sicuro…

Uomini nudi, essenziali, di forte impatto visivo…Proprio come una delle immagini più folli che ci rimangono dell’artista, realizzata dalla famosissima fotografa Annie Leibovitz che deve ritrarlo per una rivista (che peraltro  chiuderà prima di poter pubblicare il servizio!) l’artista è nudo e ricoperto dai suoi segni che disegnano anche il set fotografico originariamente bianco. Haring confuso con l’opera d’arte perché effettivamente anche Keith era, egli stesso, un’opera d’arte.

Klee dalla poesia alla pittura e viceversa

Klee dalla poesia alla pittura e viceversa

Klee, artista poliedrico che noi conosciamo durante la sua attività alla scuola del Bauhaus, in realtà si occupava anche di musica e poesia. Esponente dell’arte astratta riesce a trasformare una sua poesia del 1918, scritta in tedesco, Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte,  in un’opera dove il soggetto sono le lettere della poesia stessa e i colori con i quali la rappresenta:

Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte
Poi pesante e prezioso
e reso forte dal fuoco
Di sera pervaso da Dio e curvato.
Infine etereo avvolto di blu,
si libra su campi innevati,
verso cieli stellati.
Paul Klee, Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte, 1918

In qualche modo con  gli acquerelli, sottolinea la luce che corrisponde ai diversi momenti della poesia, ed ecco quindi toni cupi, tra grigio e blu, per le parole dedicate alla notte mentre quando cita il fuoco sceglie i colori più accesi come rossi e arancioni.

Anche Alighiero Boetti, artista visuale degli anni Ottanta fa una scelta simile, senza però dare sempre un senso alle sue lettere e alle sue parole… che accostate le une alle altre, colpiscono per i colori accesi dei suoi arazzi
Alighiero Boetti quello che non succede in mille anni succederà in un attimo, 1988

Noi, nel nostro piccolo, abbiamo puntato più al divertimento e spesso al nonsense, a volte son state riportate poesie e testi di autori famosi, in altri casi una frase del Gladiatore, oppure una frase palindroma o ancora un brano musicale…

Tecnica libera, unico obbligo:  rispettare l’idea iniziale di Klee! Un quadrato che viene diviso in altre forme geometriche dalla lettera che contiene e ogni singola forma deve avere un colore diverso. Ehm… vabbbbbbè qualcuno si è confuso ma il risultato finale è stato altrettanto interessante. In un unico caso l’ospirazione è stata decisamente la scelta di Boetti: lettere colorate su sfondo colorato e in un altro caso…abbuiamo sfruttato la scrittura degli ideogrammi cinesi, già graficamente affascinante, abbinandola al resto del testo. Insomma…non ci siamo fatti mancare nulla!