Sono su Youtube Anche con Mostre e Musei!

Sono su Youtube Anche con Mostre e Musei!

Sono sempre più su youtube, ora anche con Mostre e Musei.

Trovate infatti una nuova playlist dedicata alle mostre che mi sono piaciute:

https://www.youtube.com/playlist?list=PLOaeMwhTX1lmufUDZxuzR43i6UZLJvBfr

Mostre in corso – così avrete un riassuntino per ricordarle meglio se le avete già viste, ma anche un’anticipazione se dovete ancora andarci….oppure un valido sostituto e un’alternativa alla visita alla mostra stessa se non avete voglia o tempo di andarci di persona.

Mostre ormai terminate – uh peccato…te la sei persa?! traaaaanquillo puoi rimediare buttando un occhio al mio filmatino!

Playlist mostre e musei

 

I video su mostre e musei sono uguali agli articoli pubblicati sul blog…ma invece di leggere tutto…potrete limitarvi ad ascoltare sgranocchiando patatite, popocorn, nutella e biscottini!

nb. le cose sane no eh…eddai…

p.s. dovesse scapparvi qualche commentino dalla falangette non ci rimarrei mica male eh!

Gli animali nell’arte dal Rinascimento a Ceruti

Gli animali nell’arte dal Rinascimento a Ceruti

Gli animali nell’arte dal Rinascimento a Ceruti a Palazzo Martinengo, Brescia.

Una  bella mostra, mi è proprio piaciuta. Forse perché amo arte e bestie in egual modo…

Da sempre gli animali sono i soggetti preferiti degli artisti:

– permettono virtuosismi tecnici “Quanto so’ bravo e quanto so’ figo a far ‘ste piumette eh?!?”

– permettono all’artista libertà interpretative che magari un committente umano non apprezzerebbe (quando mai un animale ritratto si ritroverebbe lì a protestare “ehy quel pelo lì non è poi così spettinato, il mio punto di colore è più vivace e poi, ma insomma, non ho tutta quella ciccia addosso”)

– permettono allusioni ormai perfettamente riconoscibili, allegorie dirette e richiami religiosi (se c’è un cane è fedele, se c’è l’aquila si parla di forza e potere, se ci sono animali mostruosi e immaginati….inizia a correre! E ancora: se un cardellino svolazza c’è vicino la Madonna così come se ci sono un leone e un bue si sta forse parlando degli evangelisti San Marco -o San Girolamo- e San Luca)

La mostra è quindi ben organizzata per ordini: se clicchi sulle varie sezioni, in differenti colori, verrai catapultato direttamente al capitolo senza doverti sorbire la lagna dell’articolo in tutta la sua interezza (cit: mio marito).

ANIMALI NELLA PITTURA SACRA

ANIMALI MITOLOGICI

CANI

GATTI

PESCI RETTILI INSETTI

UCCELLI

ANIMALI DI FATTORIA

SCENE DI CACCIA

MAGICO MONDO DEI NANI

ANIMALI ESOTICI E FANTASTICI

 

La pittura sacra

Per secoli le immagini sono state la Bibbia per gli analfabeti, certo questo più nel medioevo che nei secoli presi in considerazione nella mostra ma, come dire…l’abitudine è rimasta!

Alcuni animali sono quindi strettamente connessi con un personaggio: San Giorgio e il Drago del secentesco Ceranino, dove il santo guerriero, in grossa ad un possente cavallo calpesta il povero drago (notate il mantello rosso in perfetto stile superman perché è proprio dall’arte che i colori e il look dei moderni supereroi è derivato!). Un cardellino, porello, compare un po’ schiacciato dalla manina di un Gesù bambino, umanissimo, sulle spalle di una Madonna. Il rosso della mascherina di questo uccellino allude da sempre ai dolori della passione perché questa bestiola mangia volentieri i semi di cardo da cui deriva il nome “cardellino”, ma il cardo con le sue foglie ricche di spine fa subito pensare alla corona di spine di Gesù (una leggenda vede anche questo uccellino, assieme ad altri due -pettirosso e fringuello- pronto ad immolarsi proprio per levare ueste spine fino a ferirsi sporcandosi, per sempre, di rosso sangue!). Ma l’apoteosi di bestiole in chiave religiosa rimanda sicuramente all’Arca di Noè ed eccolo qui rappresentato dal Grechetto mentre li salva dal diluvio facendoli salire sull’arca.

 

Animali mitologici

La mitologia ci ha abituati da sempre alle apparizioni di Zeus trasformato in animali vari per conquistare le più belle donne del mondo. Ed eccolo quindi come Cigno, sensualissimo, mentre seduce Leda, o tramutato in possente toro mentre si fa cavalcare da Europa. Ma anche le altre divinità spesso si fanno accompagnare da qualche animale, come non ricordare ad esempio Diana Cacciatrice che, ben armata, ha al suo fianco un bellissimo levriero da caccia. Fino ad arrivare ad una Venere che gioca con un cagnolino vestito da bambolina (porello), assieme a cupido (l’unico vestito qui è il cane!).

 

Cani

Il cane è da sempre il miglior amico dell’uomo (no, ok, non sto parlando del mio canino azzannatore ma dei tanti, tantissimi cani ritratti nell’arte antica). Cani compagni di giochi di bambini ricchi ed eleganti ma anche cani umanizzati e compagni di vita di poveri ed emarginati o soci di caccia di cacciatori per diletto o necessità. E compare il simbolo della mostra di Brescia: il vecchio con il carlino del Pitocchetto. questo artista, così chiamato perché diventato famoso come pittore di pitocchi, poveri spesso bambini e di scene di genere, qui si mostra invece fine indagatore psicologico. L’uomo in velluto rosso è ricco e fiero, il cane è snob e consapevole quanto l’umano che tenendolo in braccio lo mostra al mondo quasi come se fosse l’erede al trono! Da notare che quest’opera è stata realizzata e pensata per avere un diretto pendant che troveremo nella prossima sezione, quella con i gatti! Lippi, fiorentino del 1600 non poteva che ritrarre un Medici (Angelo Marzi), in compagnia del suo cane Melampo, dove la scritta aggiunta in epoca posteriore ci leva ogni dubbio riguardo soggetto ed interpretazione (e scopriamo così che Melampo non ha le zampette nere come il suo nome vorrebbe e che non è solo un nome inventato da Collodi ma evidentemente era proprio un nome da cane…seppur molto elegante). C’è poi un’opera strana, stranissima, dove il soggetto principale è un bellissimo cane Lagotto (una razza che a vedersi pare un barboncino meno delicato e più peloso, originario infatti della zona dellle pianure di Comacchio, è da sempre perfetto per la caccia in zone paludose, non teme l’acqua fredda). ai lati del cane, esibito e mostrato…troviamo il ritratto di un notissimo pittore: il Guercino (ed ecco che capiamo subito il perché di questo soprannome) di fronte a sua madre. L’eleganza del bambino vestito di pizzi e broccati ben si rispecchia nell’eleganza del suo cane , un bracco che si fa beatamente coccolare.

 

Gatti

Il gatto è fin dall’antichità l’animale perfetto per l’arte: dagli antichi egizi in poi è diventato, di volta in volta, simbolo positivo (scaltrezza e furbizia) o negativo (infedele in contrapposizione alla fedeltà canina e, se nero, simbolo delle streghe!). Ed ecco qui il pendant del Nobile ricco con carlino: l’opposto della medaglia! Ceruti ci presenta un vecchio sicuramente non ricco, le mani hanno le unghie rovinate e i vestiti sono parecchio lisi, ma la cura con cui ne va a delinerare la barba con infiniti toni di grigio e l’affetto che va a sottolineare quel gesto, mentre accarezza un gattone bianco, suo compagno di sventura e di vita, rende anche quest’uomo nobile ed elegante, proprio come il suo contraltare ben più colorato, con in braccio il carlino! Il gatto diventa “vittima” del gioco di una ragazzina nobile che finge d’esser sua madre e lo stringe nelle bende come i bambini venivano tenuti dalle mamme reali, nell’opera di Bonati. Mentre Victors, rappresenta una perfetta scena di genere facendoci sbirciare in un cortile dove una chioccia difende i suoi pulcini aprendo minacciosamente le ali contro un gatto dallo sguardo davvero inquietante. Il gatto umanizzato invece lo troviamo grazie a Monsù Bernardo, nelle vesti di un pescivendolo, forse un po’ truffaldino, mentre pesa  il pesce che sta per vendere.

Pesci, rettili e insetti

Non saranno probabilmente gli animali più carini da dipingere ma spesso permettevano all’artista una stretta collaborazione con gli studiosi che, in mancanza della fotografia, avevano bisogno di immagini precise. Ma i pesci permettono al pittore Recco di mostrare la sua bravura dipingendone di diverse qualità in un banco di vendita, squama per suama, lustrate dall’acqua. Porpora invece nel suo Sottobosco con conchiglie (perfettamente riprodotte, sia di terra che d’acqua), divide l’opera a metà con  sopra rose pesanti a tratti appassite e sotto tartarughe, serpente e una farfalla: metafora della vita, se ci fate caso un ogni animale è posto di fronte al suo nemico in un momento di calma apparente.

 

Uccelli

I vari pennuti sono di volta in volta, rappresentati come animali esotici, coloratissimi, quasi oggetti di moda da collezionare, in grandi voliere,  oppure come prede e  aiutanti nella caccia. Il benvenuto in questa sezione lo offre la grande tela di Boel, un fenicottero in movimento. Modernissimo per tecnica e impaginazione in diagonale, spiega le ali e ci mostra il fondoschiena, ricchissimo di piume dalle incredibili sfumature, mentre si allontana chissà verso cosa… Duranti invece probabilmente pratica il moderno birdwhatching ed ecco le sue “fotografie”: dalla poiana al nido con le uova appena schiuse. Ma i colori dei pappagalli sono perfetti per una scena in un giardino incantato e misterioso mentre, leggiadri, si appoggiano addirittura sopra ad un busto classico, senza temerne il confronto di bellezza!

Animali da fattoria

Sono gli animali più classici e più comuni. In questa sezione spicca un pittore tedesco, Roos, conosciuto come Rosa da Tivoli, talmente appassionato da essersi indebitato per comrpare una casa dove allevare capre, montoni, pecore e buoi che ritrarrà poi in moltissime opere dedicando loro intere scene e limitando al minimo la presenza umana. Ed ecco le capre della collezione Cavallini-Sgarbi (ohibò, una vera passione per il critico d’arte queste capre!). Ma qui troviamo anche le favole di Esopo con il ciuchino della favola “l’asino, la volpe e il leone”, dipinto da Cerquozzi mentre stringe un patto proprio con la volpe. Ma gli animali della fattoria sono anche quelli considerati al servizio degli umani, miglior esempio un cavallo guidato da un’amazzone elegantissima, quasi in bilico mentre la bestia, nera e possente, rivaleggia, nella posa, con il piccolo levriero italiano, pronto, anche lui, a spiccare il balzo. Gli animali più comuni, come tacchini, pavoni, anatre e conigli, diventanto anche il soggetto, elegantissimo, per Vitali, che li ritrae nell’ombra del crepuscolo.

Scene di caccia

Le scene di caccia sono da sempre un buon soggetto per gli artisti, cme dire, permettono spesso di “portare a casa la pagnotta”, fotografando con il pennello, nobili eleganti, cani atletici, scene di maschia potenza, ma anche scene di genere più comuni dove la caccia non era solo puro intrattenimento ma anche quotidiana sopravvivenza. Ecco quindi una scena decisamente splatter con la caccia ai cervi del crivellino, i cani hanno raggiunto la coppia di cervi, la femmina è già stata morsicata mentre il maschio con le immense corna, ancora combatte per non soccombere.

Crivellino caccia ai cervi

 

Il magico mondo dei nani

Qui giochiamo in casa, è proprio di Brescia il Bocchi che si inventerà nel 1600 un genere pittorico tutto suo, con la pittura di nani e pigmei, già iniziato dal suo maestro Carlo Baciocchi che a sua volta fa risalire, almeno come ispirazione alla pittura fiamminga e molte delle opere di questa sezione devono sicuramente qualche cosa alle visionarie immagini di Bosch e Bruegel. Nell’arrivo della sposa, bruttina e deforme ma riccametne abbigliata, sembra quasi d’essere in un approdo reale e veneziano (si nota anche una piccola gondola), ma a ben guardare si tratta solo di un fienile, con ceste e sedie capovolte, fuorimisura date le piccole dimensioni dei nani, che vengono accolti da decorazioni (ops sono in realtà ragnatele), con tantissimi insetti, molto ben definiti, pronti anche a lanciare petali di rosa! Per non parlare della battaglia controla gru, in realtà principessa vanitosissima, trasformata in gru per punizione e, non riconosciuta dai suoi sudditi..attaccata senza pietà! Il maestro dell’uovo della fertilità, misterioso artista attivo in Lombardia nel seicento e così chiamato perché spesso aveva come cifra stilistica, piccole uova nei dipinti, qui ci delizia con immagini folli: una bottega del calzolaio dove i clienti son tutti animali (con zampe impossibili da far entrare in normali scarpe) e dove gli inservienti sono tre omini piccini o dove una classe viene rappresentata in maniera molto…ehmehm, molto simile alla realtà: un macello di bestioline molto poco attente alla lezione!

 

Animali esotici e fantastici

Molti dei pittori che li dipingevano…in realtà dal vivo non li avevano mai visti. Si potevano basare su tavole illustrate allegate ai vari studi scientifici e alle descrizioni, spesso colorite, di chi, pochi, li avevano davvero potuti avvicinare. Qualche puntata in Europa c’era stata: la povera Clara, rinoceronte senza corno, aveva girato le fiere di tutta Italia arrivando a Venezia diventando famosissima (De Gobbis si ipira sicuramente alle opere, ben più famose del Longhi quando fotografa la rinocerontessa, pungolata dal suo addestratore, mentre il pubblico esulta!). Le bestie selvagge e pericolose son ben  rappresentate da Pseudo Caroselli, in Homo, Homini e lupus. Compare qui anche il grandioso Giulio Romano che in una piccola ma preziosissima tempera raffigura l’elefante Annone. Cinatti si dedica invece agli uccelli esotici e di dipinge in perfetta armonia, la prova sono i due fenicotteri in amore sullo sfondo con i colli intrecciati a formare…un cuore! Ma l’animale più fantastico di tutti è sicuramente l’unicorno. Leggenda vuole potese essere avvicinato solo dalle vergini pure di cuore ed ecco quindi che questa dama, evidentemente, è tanto tanto per bene! Pensate che le varie enciclopedie hanno decantato l’esistenza dell’unicorno fino in secoli moderni e i presunti corni erano spessissimo in bella mostra nelle varie “Camere delle meraviglie”, mentre in realtà il corno sarebbe solo la zanna del pesce narvalo. Conclude la mostra l’altro animale immaginario per eccellenza: il drago! Qui dipinto dalla monaca Maddalena Caccia, raro caso di pittrice donna, che sceglie proprio un’altra donna, una Santa Margherita che lotta senza paura contro un drago immenso dalle ali a pipistrello, la lingua da serpente e le zampe con lunghissime unghie affilate!

 

Animali nell’arte, dal Rinascimento a Ceruti

Palazzo Martinengo, via dei Musei, Brescia

19 gennaio-9 giugno 2019

sito ufficiale: Amici martinengo

Dai correte che fate ancora in tempo….e merita davvero!!!!

Ingres e la vita artistica ai tempi dei Bonaparte

Ingres e la vita artistica ai tempi dei Bonaparte

Già nel titolo della mostra a Palazzo Reale a Milano:

JEAN AUGUSTE DOMINIQUE INGRES. La vita artistica ai tempi dei Bonaparte,

è chiaro che non troveremo solo opere di Ingres. Sala per sala la mostra fa capire da dove parte Ingres, cioè dai suoi studi presso David, ci fa conoscere i suoi compagni di studi, gli amici, i colleghi con i quali ha a che fare… per concludersi poi, in pompa magna,  con l’immenso ritratto di Napoleone Bonaparte, forse l’opera più famosa di tutta la mostra.

All’inizio del percorso troviamo una bella serie di nudi maschili con i quali lustrarci gli occhi.

Dal nudo maschile di David, che ci ricorda nelle forme morbide Rubens e nei piedi sporchini addirittura Caravaggio, si passa subito ai Torsi maschili di Ingres, il primo, figura virile che è una prova fondamentale all’insegnamento accademico (Ingres si iscrive all’accademia di Belle Arti di Parigi nel 1797) al quale farà seguito l’altro nudo maschile che già ci fa capire tutta l’idea di bellezza del Neoclassicismo filtrato da Ingres: questi nudi sono sicuramente frutto di modelli viventi ma risultano belli e stereotipati, sono ideali di bellezza che si rifanno all’arte classica antica, l’unico periodo artistico che il Neoclassicismo riteneva degno d’essere riproposto!

Ma non manca certo il nudo femminile in questa mostra!

Dalla scena classica che ci mostra Susanna e i vecchioni che la insidiano, alla bagnante di Antoine-Jean Gros che alludendo forse a Diana cacciatrice mette comunque in mostra le sue nudità (niente foto, cari miei, sono vietatissime in mostra, uff). Del resto anche Ingres stesso è diventato famoso per questo doppio registro pittorico: soggetti pubblici (ritratti a personaggi famosi, ma anche ad amici e colleghi) e soggetti più privati con nudi sensualissimi, come le famose Odalische, nudi che godevano sicuramente di un buon commercio ma che venivano messi in mostra lontani da occhi indiscreti! Il nudo sarà effettivamente un po’ l’ossessione di Ingres. Ma attenzione…si tratta di un nudo trattatto con un approccio paradossale: nudo sì ma senza lo studio anatomico! Ed ecco quindi comparire delle stranezze, come qualche vertebra in più nella schiena lunghissima e sensualissima della Grande Odalisca di cui in mostra vediamo solo una versione originale ma a grisaille, in bianco e nero quindi, con ombreggiature che mettono in risalto la sensualità e tutti gli artifici usati per esaltarla: un seno un po’ troppo spostato verso l’ascella, fianchi esageratamente tondi soprattutto se confrontati con il volto giovanissimo, in altri casi una torsione del collo che, fosse vera, avrebbe immediatamente ucciso la modella ma che, dipinta, la rende elegantemente sensuale! In mostra possiamo apprezzare anche parecchi studi a matita dei nudi e in una piccola opera la figura femminile in realtà è la moglie del pittore stesso, Madeleine che verrà poi usata per l’opera delle odalische (in questo bozzetto con tre braccia per meglio studiarne l’effetto languido).

Ma le donne le troviamo anche oltre la tela

Artiste femminili in un’epoca dove alle donne non era ancora consentito l’accesso agli studi accademici, si facevano c omunque notare e apprezzare, addirittura come pittrici preferite della regina di Francia Maria Antonietta. Stiamo parlando di Vigée Le Brun che rappresenta la principessa Karoline von Manderscheid-Blankenheim, nelle vesti, svolazzanti, di Iris, la personificazione dell’arcobaleno.

Ma possiamo anche vedere Marie Guillemine Benoiste mentre si fa un autoritratto proprio mentre sta dipingendo: massima soddisfazione per una pittrice donna che, già che c’è, si rappresenta in perfetto stile neoclassico, un po’ bellezza reale un po’ divinità dell’antica Grecia.

Julie Forestier, fidanzata di Ingres, pittrice anche lei, si limita invece a copiare un autoritratto di Ingres stesso. Qui il pittore si vede e si mostra davvero come un artista di successo, vestito da artista, con in mano gesso e straccetto, il volto di tre quarti mentre guarda lo spettatore con una certa sicurezza mentre, di fatto, si autocelebra (e la sua innamorata celebrerà questa sua autocelebrazione…qui si rasenta la follia e la si perdona solo perché è dovuta all’amore!)

Non mancano poi le opere dedicate alle campagne di Italia e a Napoleone a Milano

Dai vari attraversamenti delle Alpi (di Murat e di Bonaparte) ai vari ritratti dedicati a Bonaparte visto come Marte pacificatore da Manfredini, a Bonaparte come Pericle visto da Laboureur al più famoso busto colossale  di Canova, artista che tanto ha lavorato con Napoleone ma con il quale i rapporti non erano sempre stati sereni (soprattutto dopo le spoliazioni napoleoniche fatte ai danni dell’Italia che l’artista veneto non aveva mai perdonato a Bonaparte).

C’è poi una serie di 35 incisioni, di 4 artisti differenti, che furono incaricati da Napoleone stesso, di riprodurre il più fedelmente possibile il fregio realizzato da Appiani nella sala da ballo di Palazzo reale a Milano. Si trattava di panelli su tela montati però in maniera continuativa, perfetta quindi per celebrare i fasti napoleonici su modello della colonna traiana. Si tratta, particolare curioso, di quello che è a tutti gli effetti il primo esempio di pittura storica contemporanea! I bombardamenti su Milano del 1943 hanno completamente distrutto il lavoro di Appiani ma possiamo averne un’idea decisamente fedele proprio grazie a queste incisioni.

 

Nella sala dedicata allo sguardo su Milano, all’epoca seconda capitale napoleonica  europea, si intravede una città con edifici e accessi monumentali e nuove strade che Stendhal definirà ” Più pulite di quelle di Parigi”! Nel periodo in cui verrà fondata anche la Pinacoteca di Brera Ingres gira per la città e disegna bozzetti come se fosse un normale turista: ecco quindi le vedute del Duomo (alle quali è accostato un finto piccolo quadretto, in realtà un’apertura diretta sul Duomo, di fronte al luogo dove è sita la mostra!), ma anche immagini di S. Ambrogio e S. Maurizio. Alle bellezze artistiche Ingres affianca anche le bellezze locali ed ecco una ragazza con un ventaglio, una passante con un fuso…

I ritratti di Ingres fatti ad amici e colleghi e parenti

Ritrae suo padre, ringiovanendolo di una ventina d’anni e probabilmente rendendo più classica la sua immagine reale, ma ritrae anche l’amico di infanzia Gilibert, utilissimo a tutti noi grazie alla fittissima corrispondenza intrattenuta con l’artista in lunghi anni di amicizia. Ritrae anche Bartolini, lo scultore fiorentino che ha addirittura abitato nella stessa stanza con Ingres mentre studiavano assieme a Parigi (e ce lo mostra serissimo, vestito di nero, con in mano in bella mostra la testa di una divinità greca, invito a seguire sempre l’ideale di bellezza classico tanto caro all’arte neoclassica).

La moda dei troubadour

Anche Ingres cede alla moda dei Troubadour, eventi storici presi in prestito dal medioevo o comunque da epoche passate per rappresentare il passato nazionale. Ecco quindi le vite di poeti, artisti e uomini illustri del passato, fotografate come se l’artista fosse stato presente dal vivo, spettatore dell’evento, tragico o godereccio…

ecco quindi Raffello, l’ossessione personale di Ingres che adorava a tal punto l’artista rinascimentale da arrivare a chiedere al Papa alcune reliquie, durante la traslazione dei resti di raffAello nel Pantheon! La copia dell’autoritratto di Raffaello ma anche una visione più umana dell’artista mentre si intrattiene con la Fornarina, la sua modella prediletta e tanto amata.  Ma vediamo anche la ricostruzione, secondo i racconti fatti da Vasari, della morte di Leonardo da Vinci, in Francia, ad Amboise tra le braccia del re Francesco I

L’immagine finale di Ingres è dedicata all’immenso ritratto a Napoleone

Una sala solo per l’immenso ritratto di Napoleone sul trono imperiale e per i tanti disegni preparatori. Curiosamente quest’opera, famosissima, all’inizio non fu proprio un successo per Ingres. Questa immagine si rifà a Carlo Magno ma  con lo sguardo fisso bizantino. Arriverà una pioggia di critiche per quest’opera che mostra l’imperatore in piena gloria. Il rosso dei velluti accostato alla preziosità della pelliccia di ermellino, l’aquila con le ali spiegate intessuta nel tappeto ai suoi piedi, la poltrona stessa il cui lo schienale fa quasi da aureola ad un uomo che ormai di umano non ha più quasi nulla. Tutto rimanda a Cesare, è Giove imperatore e monarca per volere divino…è Napoleone! Per i contemporanei è davvero troppo e susciterà terrore e ilarità.

Ingres, Napoleone Bonaparte Imperatore

A PALAZZO REALE Dal 12 Marzo al 23 Giugno 2019

PIAZZA DEL DUOMO, MILANO

 

 

 

Morbelli…la tristezza e la polvere

Morbelli…la tristezza e la polvere

Lo dichiaro fin da subito:

ADORO TUTTO DI MORBELLI (soprattutto la tristezza e la polvere)!

Non vorrei che il titolo fosse fuorviante eh…

Morbelli è il pittore alessandrino che si fa adottare dalla Milano ottocentesca. Qui a Milano studia (a Brera), passando nelle varie scuole di specializzazione dell’Accademia (uno dei suoi maestri sarà proprio Bisi, immenso nelle immagini di vedute prospettiche di edifici storici) e mettendo a frutto proprio questi insegnamenti accademici, il Morbelli, ci fa quasi vedere dal vivo una Milano che lui pian piano aveva scoperto e che noi ora possiamo solo immaginare…

Qui a Milano Morbelli cavalcherà le varie novità artistiche che proprio in quegli anni si vanno formando…del resto anche la stessa città si stava trasformando in quella metropoli che noi ormai siamo abituati a conoscere e ad amare, con tutti i suoi lati positivi e negativi.

Le opere in mostra ci permettono di intravedere un artista attento ai cambiamenti, ai fatti di cronaca, alle novità tecniche (passerà dalla pittura ottocentesca classica al divisionismo e al simbolismo). Nelle sue opere troviamo una cruda e moderna denuncia sociale sottolineata dal taglio fotografico che gli artisti, ormai abili anche in fotografia, utilizzavano spesso per rendere le scene più realistiche e credibili.

Angelo Morbelli, molto ben rappresentato in questa piccola mostra alla Gam di Milano (che espone in pianta stabile molte sue importanti opere), è l’artista  che i miei alunni, lavorando ad un ambizioso progetto dedicato proprio a questo museo (un’audioguida,  APP per cellulari android, completamente gratuita, presto scaricabile da google play store), hanno definito “Quello tristissssssimo proooofffff”.

E avevano ragione eh…

POLVERE E TRISTEZZA, TRISTEZZA E POLVERE…

Sono le prime parole che mi vengono in mente per descrivere il suo lavoro, in buona parte realizzato ritraendo, dal vivo, gli anziani ospiti del Pio Albergo Trivulzio (dove l’artista si era organizzato un piccolo studio). In questa istituzione milanese, voluta dal principe Antonio Tolomeo Trivulzio  e aperta fin dal 1771 (e in funzione ancora oggi), gli anziani bisognosi, anche di cure, trovavano ricovero in spazi immensi, curati eh…fisicamente, ma come l’artista ci lascia ben vedere, curati nel corpo ma forse non abbastanza nello spirito. I nuovi cittadini milanesi, non certo straricchi, impegnati comunque in dure giornate lavorative, non potevano prendersi cura degli anziani di famiglia che venivano quindi ospitati al Trivulzio…in attesa della fine dei loro giorni, come ben sottolinea Morbelli in un titolo devastante: Giorni…ultimi. Ma gli ambienti che ci mostra sono ambienti desolati e vuoti anche quando i “vecchioni” presenti son tanti (così era definito all’epoca il Morbelli, il pittore dei vecchioni).

Sono anziani persi nei ricordi, ricordi felici di un tempo passato e immersi in un tempo attuale che anche durante le feste rimane impermeabile alla gioia e alla vita.

Fuori dal Pio Albergo Trivulzio il Morbelli non è che risplenda di vita eh…

Mi piace proprio questo suo essere coerente e costante, sia quando sceglie di rimanere nel filone della rappresentazione storica, raffigurando la Morte di Goethe (non stupitevi per questa scelta eh…proprio alla Gam c’è l’opera di un altro autore, Eugenio Pagliano, che ci mostra addirittura la morte della figlia di Tintoretto), sia quando si fa conoscere anche all’estero per aver scelto di realizzare opere di denuncia sociale (seguendo una famosa inchiesta fatta dal quotidiano inglese Pall Mall Gazette) urlando il suo sdegno per una pratica purtroppo nemmeno troppo rara all’epoca: la vendita di ragazzine innocenti nei vari bordelli (la figura femminile distesa, morente probabilmente di sifilide, nel letto bianco, con al fianco una figura nera, è drammatica nella sua semplicità che è un chiaro atto d’accusa).

Non che quando scelga di rappresentare momenti sereni diventi immediatamente un artista brioso eh…le sue scene di amore materno sono comunque incredibilmente simili alla prostituta bambina morente…

Ma la polvere di cui vi accennavo è una polvere non solo fisica ma anche tecnica.

Il divisionismo di Morbelli è tangibile, i suoi filamenti di colore, microscopici e comunque spenti dal grigio e dal color bruno, sono quasi magici: da vicino alcune immagini sembrano quasi incomprensibili mentre allontanandosi si formano particolari anche minuziosi come un decoro sul pavimento in prospettiva, i giochi di luci e ombre che non son solo macchie ma son proprio figure ben riconoscibili sì, ma solo ad una certa distanza…

Cosa fate ancora lì????!!!!

Correte a vedere questa piccola mostra che è un vero gioiellino!

Dal 15 Marzo 2019 al 16 Giugno 2019

Indirizzo: via Palestro 16

Orari: da martedì a domenica 9-17.30 (ultimo accesso un’ora prima dell’orario di chiusura); lunedì chiuso. Giorni di chiusura: 25 dicembre, 1° gennaio, Lunedì di Pasqua e 1° maggio

Costo del biglietto: intero € 5, ridotto € 3. Gratuito minori di 18 anni