Moroni, il ritratto del suo tempo.

Moroni, il ritratto del suo tempo.

Moroni

il ritratto del suo tempo

Gallerie d’Italia

Dal 6 Dicembre 2023 al 1 Aprile 2024

PIAZZA DELLA SCALA, MILANO

Più di cento opere per conoscere l’artista bergamasco, tra i maggiori interpreti della pittura rinascimentale lombarda,  immenso ma decisamente, da sempre, poco considerato. Pensate che il Vasari, sciagurato, non lo cita nemmeno!!! E invece…e invece ce lo possiamo godere in nove sezioni che partono cronologicamente dall’inizio del suo percorso, in bottega, fino al confronto con artisti suoi contemporanei come Lorenzo Lotto, Gerolamo Savoldo e Moretto, fino alla dialogo diretto con opere di Tiziano, Veronese e Tintoretto, così da oltrepassare i confini regionali

  • Il maestro di Moroni: Alessandro Bonvicino detto il Moretto

Giovanissimo, Moroni, frequenta quindi la bottega del Moretto, pittore bresciano che però lavora anche a Bergamo e Milano. E per imparare…si inizia proprio con il disegno. Al 1543 risalgono una serie di disegni che il Moroni realizza su foglietti di quaderno e copia le opere del suo maestro

  • Gli esempi di Lotto e Moretto

Se possiamo ricordare il Moroni per il suoi ritratti…va anche riconosciuta la fonte cui si è ispirato e la strada da cui è partito. Nei suoi primi esperimenti ha avuto come esempi i livelli altissimi di Lorenzo Lotto e del Moretto. Tra l’altro i due pittori erano anche amici tanto che quando Lotto lasciò Bergamo, dopo esserci rimasto per una decina di anni, in pratica passò i suoi committenti al suo amico, il pittore bresciano Moretto. Da Lotto deriva quella capacità di stabilire quasi un rapporto di confidenza con il soggetto ritratto, con un approccio anche un po’ disincantato…mentre dal Moretto prende gli schemi impaginativi che aiutano a concentrarsi sull’aspetto fisico dei modelli, sui loro volti e sugli sguardi.

Fateci caso…i ritratti di Moroni si allontano dall’idea che invece era molto in voga nel cinquecento: proporre ritratti somiglianti, sì certo, ma in pose eleganti, trovando le inquadrature migliori per rendere il soggetto al meglio, non solo dal punto di vista estetico idealizzandolo anche un po’. Lui si discosta da questo proprio in maniera anticonvenzionale proponendo ritratti al naturale, con l’aspetto reale che ci lascia intravedere anche la psicologia del personaggio ritratto. E…non si limita a personaggi importanti ma si interessa anche a persone di estrazione  sociale più umile.

  • Moroni a Trento

Trento verso la fine del 1545 ospita il Concilio ecumenico. Il principe vescovo della città all’epoca era Cristoforo Madruzzo, personaggio dalle riconosciute abilità diplomatiche legato all’imperatore Carlo V. Moroni era entrato in contatto con la famiglia Madruzzo grazie alla realizzazione di ritratti eseguiti per i nipoti del principe vescovo…ed ecco quindi che si ritrova a Trento proprio nel momento giusto: la città vive un clima internazionale senza precedenti che gli offre la possibilità di venire a contatto con ritrattisti molto in voga al momento, come Tiziano e Anthonis Mor. Personaggi reali, oggetti simbolici, gioielli che da vicino sono semplici macchie ma che al colpo d’occhio risultano perfettamente definiti.

E se per rappresentare un nobile servono broccato e gioielli preziosi…per rappresentare un artista come Giulio Romano Tiziano  gli piazza in mano un disegno di una architettura, forse la Basilica palatina di Santa Barbara, edificata a Mantova, proprio nella corte dove Giulio Romano si trovava in quel periodo al servizio del Gonzaga. Ed ecco quindi che un giovane Moroni ritraendo lo scultore Alessandro Vittoria, giovane anche lui eh, lo rappresenta pensando magari anche un po’ a se stesso. Spettinato, in abiti da lavoro con tanto di maniche rimboccate e con in mano un busto antico, probabilmente classico. E ci indica così caratteristiche fisiche, ma anche l’attività del soggetto e anche le sue passioni…

  • Ritratti di potere

 Nel corso del cinquecento i rappresentanti del potere hanno fatto ampiamento ricorso al genere del ritratto (Carlo V si è fatto ritrarre in tutti i modi possibili). Dipinti con un carattere eminentemente pubblico. Dovevano insomma aiutare a ricordare l’uomo…ma anche e soprattutto la sua posizione sociale e politica e quindi…anche il suo potere. Anche i personaggi del Moroni svolgevano funzioni pubbliche e di esercizio del potere, rappresentanti della Repubblica di Venezia che ricoprivano il ruolo di podestà in Terraferma, carica destinata ai membri del patriziato veneziano…e quindi te li aspetti un po’ così, distanti…altezzosi, pronti a sottolineare il loro rango e il loro stato sociale…e invece Moroni ce li mostra al naturale. Nella loro sfera privata più che nelle vesti pubbliche… più evidenti quando dallo sfondo iniziano a sparire dallo oggetti e citazioni colte a favore di uno sfondo neutro che alla anticipa un po’ il nero caravaggesco ma anche e soprattutto tutta la ritrattistica ottocentesca

  • Ritratti al naturale

Ecco come appaiono i ritratti di Moroni. Per il critico d’arte Roberto Longhi «sono così veri e semplici da comunicarci addirittura la certezza di averne conosciuto i modelli». Ma c’è tutto un percorso e uno studio che  portanp a questo risultato! Innanzitutto il Moroni li dipinge a grandezza naturale e questo fa quasi credere allo spettatore di trovarcisi realmente di fronte. Lì nella stessa stanza con il soggetto ritratto. Inoltre i modelli non vengono abbelliti e vengono dipinti di getto, senza perdere tempo a minimizzare eventuali difetti fisici…come del resto aveva suggerito di fare il Cardinale Gabriele  Paleotti , quando proprio al Concilio di Trento,  aveva richiesto a gran voce la piena adesione al vero per le figure profane.

Dettagli fisici ma anche psicologici e molto terreni…Conosciamo parecchio  dei dati biografici di Albani, un nobile cavaliere aurato con collana in oro e pendente, cavaliere di san marco, qui ritratto quando si era ripreso da una lunga malattia che poi comunque lo avrebbe portato alla morte.  Molti di questi ritratti infatti venivano fatti per ristorare il ricordo di chi rimaneva, un ritratto naturale che deve aderire a tutti i difetti, lipoma in fronte, questo bernoccolo, compreso. Mani aggrappate alla savonarola e aggrappate alla vita, usata fino alla fine anche per tener stretto questo libricino…

  • Pale d’altare con e senza ritratti

Qui i cambiamenti dettati dal Concilio di Trento si fanno sentire… Le parrocchie diocesane si impongono come committenti del Moroni che si ritrova a sostituire le vecchie immagini devozionali con nuovi schemi compositivi.. Mentre in epoca preconciliare era piuttosto normale trovare i committenti rappresentati nelle pale d’altare…ora questa usanza è vista in maniera molto meno favorevole. Il Moroni quando dipinge anche i committenti quindi ci mostra sacerdoti diocesani intenti a mostrare esempi di carità oppure a celebrare il sacramento dell’Eucarestia. Insomma a fare cose e non a mostrare solo se stessi

  • Il ritratto devoto e l’orazione mentale

Il ritratto devoto e l’orazione mentale è un tipo di preghiera che veniva esercitata mentalmente e in silenzio. È quell’ambito della devozione privata per  cui Moroni  (e anche Moretto) hanno realizzato diverse opere… esistevano svariati testi al servizio di questa pratica e spesso erano rivolti direttamente al devoto mentre gli suggerivano di rivolgersi mentalmente a luoghi e storie sacre da contemplare nella sua immaginazione. Negli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola, pubblicati nel 1548, la meditazione avveniva grazie alla composizione mentale del luogo da contemplare, In molti casi Moroni ha introdotto una sorta di confine fisico tra lo spazio reale dove è presente il committente con un ritratto ben riconoscibile e la parte dedicata all’episodio sacro. Può essere una quinta architettonica o una balaustra…ma il confine tra reale e immaginario è spesso ben visibile e riconoscibile.

 

  • Moroni e il ritratto della società del suo tempo

Quando Moroni si dedica al ritratto della società del suo tempo…ci offre anche quella che è probabilmente la sezione più colorata, sfarzosa e scenografica della mostra. Il pittore intorno agli anni 50 diventa il preferito tra   le famiglie nobili bergamasche: i Brembati, gli Albani, i Grumelli, i Vertova…anche grazie alla stanzialità del pittore che dopo l’esperienza trentina decise di vivere stabilmente nella sua Albino, il paese natale… Scelgono Moroni per essere rappresentati in maniera sfarzosa ed elegante ma anche per descrivere una società di persone colte, esperte di poesia e letteratura

  • Il sarto e la moda del nero

La moda del nero, di cui abbiamo già avuto qualche assaggio nel corso della mostra, è in realtà dovuta  al regno di Carlo V. Il nero divenne colore ufficiale della corte asburgica in Spagna, diventando a quel punto in voga in tutta Europa. I tantissimi vestiti neri indossati da donne e uomini ritratti dal moroni confermano questa tendenza…e per fugare ogni dubbio…basterebbe poter sfogliare il cosiddetto libro del sarto, un catalogo di moda portatile,  un volume di produzione milanese che contiene disegni, modelli di taglio, stampe e appunti in cui compaiono anche parecchi figurini destinati ad ecclesiastici, dottori e magistrati…tutti rigorosamente vestiti di nero

E concludo questo riassunto della mostra con una fantastica carrellata di opere…

Sacra Conversazione di Tiziano a Milano!

Sacra Conversazione di Tiziano a Milano!

Sono già dieci anni che chi passa da Milano in questo periodo può apprezzare gratuitamente l’esposizione di una singola importante opera esposta nella Sala Alessi di Palazzo Marino.

Quest’anno  possiamo ammirare l’opera “Sacra Conversazione” di Tiziano, direttamente in prestito dalla Pinacoteca di Ancona fino al 14 gennaio 2018 (muoveteviiiii!).

sacra conversazione Tiziano pala gozzi, 1520
sacra conversazione Tiziano pala gozzi, 1520

 

Ci troviamo di fronte ad un’enorme (312×215 cm)  pala d’altare dipinta quindi su legno e in mostra ci è data la possibilità di curiosare quest’opera… anche dal retro.

Ci balzano agli occhi immediatamente un paio di particolari.

Un’opera su legno di queste dimensioni è in realtà formata da tante lastre di legno, in questo caso orizzontali, tenute insieme da piccoli incastri sempre in legno e…poi notiamo subito una piccola sorpresa: prima di dipingere la parte frontale…l’artista ha fatto qualche bozzetto preparatorio a matita. Non sono tutti di Tiziano questi volti, un paio sono appena accennati, quasi delle caricature, ma il volto del bambino paffutello è sicuramente dell’artista (infatti lo riconosciamo bene nell’opera finita a colori).

Questa è una sacra conversazione (quando ci sono Madonna, Bambino e Santi si tratta sempre di una “chiacchierata”, si chiamano proprio così queste scene dove i protagonisti in pratica conversano con gli sguardi e chissà cosa si staranno dicendo…). Santi, committente e Madonna sono legati da questi intrecci di sguardi e solo il Bambino guarda (e indica) fuori dallo spazio dell’opera…indica noi, gli spettatori, facendoci quasi diventar parte di quella sacra chiacchierata!

 Il nome con cui è più conosciuta in realtà  è Pala Gozzi, dal nome del committente.

Alvise Gozzi, mercante ragusano che lavorava anche ad Ancona,viene ritratto in maniera molto somigliante di profilo, in ginocchio sulla parte destra dell’opera.

Al suo fianco riconosciamo il vescono San Biagio, protettore di Ragusa (attuale Dubrovnik, in Croazia). Il Santo sta in pratica presentando il committente proprio alla Madonna che è nella parte alta del dipinto, sulla nuvola circondata dagli angeli in una luce quasi infuocata tipica del tramonto. Il suo braccio in diagonale, molto ben definito (con tanto di anello al pollice), è l’unione tra cielo e terra, tra paradiso e vita terrena.

San Biagio è un santo molto conosciuto però anche a Milano dove la tradizione natalizia vede proprio l’usanza di conservare una fetta di panettone di dicembre fino al giorno in cui viene festeggiato il santo: il 3 febbraio, perché secondo la tradizione  milanese ‘San Bias benedis la gola e él nas‘, insomma “benedice (e protegge) la gola e il naso”.

Dall’altro lato della scena, riconoscibilissimo, c’è San Francesco con tanto di stigmate  alle mani e al costato.

Questa pala è solo apparentemente semplice….in realtà è ricca di significati nascosti.

Vengono citate diverse città:  Ancona (anche San Francesco ricorda questa città perché è proprio per la chiesa di San Francesco ad alto -attualmente ex chiesa e sede militare- che viene dipinta l’opera), Ragusa (perché San Biagio è il suo patrono), Venezia (rappresentata in basso al centro, forse un messaggio politico che vedeva la Serenissima dominare su tutto l’Adriatico).

La pianta di fico al centro, miserella e un po’ spelacchiata, ha comunque dei frutti, è un simbolo di rinascita e di buona speranza (la pala d’altare è stata realizzata dopo il terremoto di Ancona che aveva distrutto diverse proprietà del commerciante Gozzi che si era comunque economicamente ripreso e qui faceva realizzare quello che è in pratica un ex voto di ringraziamento)

Dietro a San Francesco c’è un  paesaggio che sembra quasi essere un piccolo dipinto a parte, una figura volta le spalle allo spettatore e rimane ai margini del bosco e ricorda decisamente la Tempesta di Giorgione.

Questa pala d’altare del 1520, realizzata da un Tiziano trentenne, è la prima che viene firmata e datata proprio dall’artista in un cartiglio dipinto al centro in basso con la scritta “Aloyxius gotius ragosinus fecit fieri MDXX Titianus Cadorinus pinsit.”

Sacra Conversazione, Tiziano, particolare del cartiglio