Perché sto per invitarvi a realizzare un castello pop-up?
Semplice:
Adoro i castelli…
Amo rendervi complicata la vita…
Mi piace vedere il vostro stupore.
E un pop-up…stupisce, sempre!
In pratica si tratta di qualcosa che tende a sbucar fuori dal foglio.
vediamo come…
1-Innanzitutto partiamo dal disegno, uno schema più o meno complicato, io son partita da questo:
2-Tagliamo con precisione quelle che in pratica son tutte le linee orizzontali:
n.b. noooo non son le mie mani quelle, stavo solo schiavizzando mio marito utilizzandolo come modello! eheheheh
3- Questa è la parte più difficile: piegare per bene tutte le linee verticali, non importa se all’interno o all’esterno…quello poi lo capirete man mano che il vostro castello prenderà vita!
n.b. lo so…lo so…qui vediamo solo i volumi, non è ancora granché…
4- Gli diamo un po’ di vita? basterà avere a portata di mano un tratto pen nero…ma se volete usare la normale matita verrà comunque benissimo.
aggiungete mattoni, crepe, le merlature (che poi potrete tagliare o no, decidete voi…disegnate anche qualche finestra, bifore, feritoie…magari le scale verso le segrete del castello e perché no…anche le grate a finestre e portone d’entrata con tanto di ponte levatoio! E uno stemma, il vostro direi!
5- Ok carino …ma svolazza, eddai, un castello svolazzante non si può proprio vedere! pensare ad una parete rocciosa a strapiombo con magari un accenno di scalinata nella roccia…è un attimo!
volendo potreste anche fare un paesaggio coloratissimo in contrasto con il castello monocromatico oppure fare esattamente l’opposto: castello coloratissimo e paesaggio nerissimo.
ah…sì sì mi si è aggiunto quasi da solo un drago…del resto un castello senza draghi…ma che castello sarebbe!?! per tagliare le ali però serve un taglierino (e un adulto molto paziente a disposizione, ovvio). Le immagini cambiano moltissimo a seconda delle luci. Lo stesso castello può apparirci accogliente o…minaccioso…oppure siccome siamo alla vigilia di Halloween…
ppppsssttttt…alunni di secondaaaaa…preparateviiiii tra poco tocca a voi!!!!
Al villaggio Crespi d’Adda sembra quasi d’essere in una bolla temporale.
Il tempo si è fermato a fine 1800, il periodo in cui, in piena rivoluzione industriale, quello che venne definito “industriale illuminato”, Cristoforo Benigno Crespi, decise di fondarsi una sua piccola città, un piccolo regno su cui governare, con tanto di sudditi da proteggere, accudire…organizzare.
Il richiamo immediato e più evidente è la citta ideale del rinascimento.
Un nucleo abitativo progettato a tavolino, comodo e pratico in cui vivere, gradevole alla vista, autosufficiente in tutto.
La vita dei lavoratori di Crespi ruota tutta attorno alla fabbrica (un cotonificio all’epoca tra i migliori d’Europa!). Attorno alla ciminiera centrale si sviluppa tutto il villaggio la cui vita è scandita dal suono dei turni di fabbrica. Le abitazioni sono differenziate a seconda dello stato sociale del lavoratore: piccoli condomini a più piani per gli operai e villette bifamigliari per i vari capireparto e dirigenti (le differenze estetiche e stilistiche non lascian dubbi riguardo l’importanza lavorativa dei proprietari!).
Il Crespi si propone quasi come un signorotto medievale che vigila e organizza la vita dei suoi sudditi…ops, dei suoi dipendenti. Pensa proprio a tutto!
ma attenzione…questa vita la organizza davvero al meglio, soprattutto se pensiamo alla condizione degli operai che lavoravano nelle varie fabbriche del mondo: qui in provincia di Bergamo questo villaggio (che forse a noi oggi appare un po’ claustrofobico e limitato nello spazio e nella libertà), offriva comunque una qualità di vita nettamente migliore di tante altre situazioni lavorative simili.
Gli orti privati offrivano verdure al solo costo dell’impegno impiegato per curarli, la villa del medico era la prova dell’attenzione alla salute pubblica (e comunque per i casi gravi c’erano sempre posti prenotati e messi a disposzione all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano). La chiesa (copia esatta di quella bramantesca di Busto Arsizio paese d’origine dei Crespi), la piscina (coperta, con docce, spogliatoi e acqua calda), il dopolavoro per i momenti di svago con attività sportive e culturali…tutto era a disposizione dei lavoratori della fabbrica che potevano/dovevano anche mandare i figli a scuola dove tutto era pagato dai Crespi, dai libri alle penne, ai grembiulini. Una scuola finalizzata alla futura professione…in fabbrica ovviamente!. Il fiume era vicino, soprattutto perché serviva alla fabbrica, ma il lavatoio pubblico era comodissimo per le massaie dell’epoca.
Se la residenza privata di famiglia richiama direttamente un castello medievale, secondo la moda del romanticismo…la modernità risplende però, letteralmente, nel villaggio che sarà il primo in tutta Italia ad avere l’illuminazione pubblica.
Il concetto di “vita accompagnata” dalla culla alla tomba trova la perfetta spiegazione nell’immagine del cimitero, interno al villaggio, in fondo al vialone principale. La tomba di famiglia ha le forme di una ziggurat con ali laterali che simboleggiano l’abbraccio del benefattore/padrone ai suoi sudditi, i suoi operai, a lui vicini anche nella morte (seppur in semplicissime tombe a croce, tutte uguali).
L’aspetto del villaggio è rimasto quasi congelato nei secoli, i piccoli cambiamenti sono stati soprattutto cromatici.
Con l’arrivo del fascismo i Crespi falliscono non potendo più esportare il pregiato cotone, dopo il loro allontanamento le casette originariamente gialle verranno dipinte in patriottici colori rosso-bianco-verde (tornando poi al colore più o meno originario). La fabbrica produrrà il denim (il jeans) ma attualmente è chiusa dopo che l’ultimo proprietario nel 2003, ha delocalizzato la produzione all’estero.
Il villaggio è stato dichiarato Patrimonio Unesco come “Esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, il più completo e meglio conservato del Sud Europa”.
Ancora oggi gli abitanti di quelle villette sono discendenti di quegli operai nati, cresciuti e morti all’ombra della fabbrica, sotto lo sguardo attento del Crespi, padrone e filantropo.
Ma voi che avete appena fatto una visita in questo villaggio…cosa ne pensate?
Vi sarebbe piaciuto vivere lì nel 1800?
E ora…come pensate sia la vita degli abitanti di Crespi, a metà strada tra Bergamo e Milano, tra passato e presente?
Mostra a Palazzo Reale a Milano dal 17.10.2017 al 18.2.2018
L’artista di famiglia di antica nobiltà, nato da due cugini di primo grado (causa della patologia genetica che lo affliggerà per la sua breve vita rendendolo deforme, dolorante, claudicante e con difetti di pronuncia), viene presentato in questa mostra in molti dei suoi aspetti. Se l’altezza fisica, ridottissima, non corrispondeva all’altezza della nobiltà prevista dal sangue blu… il suo amore per l’arte deriva però direttamente dalle tradizioni famigliari. I Conti di Toulouse-Lautrec erano da sempre militari e artisti. Studia quindi arte con il beneplacito dei genitori che tendono comunque a proteggerlo quanto più possibile dai problemi fisici che caratterizzano e limitano anche la sua vita sociale.
Quattordici stanze tematiche, 250 opere tra le quali 35 dipinti ad olio, serigrafie, acqueforti, manifesti pubblicitari.
SALA 1
Dedicata alle fotografie di famiglia, è come una presentazione classica ma allo stesso tempo privata. In mostra i malanni e i periodi passati a letto a dipingere, l’inizio dei suoi studi, le prime mostre, i manifesti pubblicitari e gli incontri famosi come Maus, Horta, Van der Velde e i pittori Nabis.
Prima di morire a 37 anni nemmeno compiuti, farà testamento, nel 1901, dopo che le sue opere messe all’asta avevano già raggiunto cifre record. Una bella soddisfazione per il nobile che si era sempre considerato un mostriciattolo e che aveva abbandonato il mondo dell’elite per vivere nei bassifondi parigini una vita bohémien tra teatri, case di piacere, vicoli e caffè.
SALA 2, 3
Anche questa sala 2 è dedicata alla fotografia, del resto è la novità del momento, tutti gli artisti la utilizzano e la studiano. Henri no, non è fotografo, anzi pare non abbia nemmeno mai posseduto una macchina fotografica ma ama farsi fotografare. Ama la fotografia come immagine dell’ebrezza della modernità. Lui che nella realtà quasi si nasconde diventa soggetto fotografico irriverente, travestito e mascherato eppure in vista…ma comunque in vesti e posture totalmente opposte alle pose eleganti dei classici ritratti di famiglia. Lo vediamo quindi in versione giapponese o truccato da clown, mentre mette in scena performance dissacranti sulla spiaggia o mentre in un gioco di doppi si ritrae. Il suo unico autoritratto reale, ad olio, campeggia al centro della stanza e ce lo mostra vestito elegantemente mentre fissa lo spettatore sfidandolo quasi a…non mettersi a ridere. Mentre nella sala 3 troviamo una piccola selezione di stampe giapponesi di Utagawa che con la sua “pioggia improvvisa al ponte” ci ricorda il legame strettissimo tra lo stile giapponese e Henri che spesso utilizza colori forti, senza sfumature, a campitura piatta e inquadrature tipiche della pittura del mondo fluttuante dello ukiyo-e. La stanza è dedicata a ritratti di donne e cavalli tra litografie e bozzetti a matita.
SALA 4, 5
Dedicate all’artista anticonformista con ritratti dei vari personaggi che incontra e conosce nel mondo di Montmartre. Ecco Madame Juliette Pascal del 1871, che con questi colori vivi e in movimento ci ricorda moltissimo lo stile di Van Gogh di cui Henri era amico. Il Lautrec folle d’amore improvviso lo scopriamo dai ritratti fatti durante il viaggio in piroscafo verso Bordeaux con un amico. Qui perde letteralmente la testa per la passeggera della cabina 54 e decide di rimanere a bordo continuando a ritrarla (non ci son racconti ulteriori e nemmeno un nome, si sa solo che era una donna che stava raggiungendo il marito…in Africa!). A Lisbona l’amico convincerà poi l’artista ad abbandonare questa follia e la donna ma…non i ritratti che verranno utilizzati anche per la realizzazione del manifesto per un’esposizione internazionale. Nella sala 5 il sottofondo musicale è assicurato dal filmato d’epoca, ballerine di can can scatenate.
Questa tappa della mostra è infatti dedicata al mondo di Montmartre, zona di malaffare e degrado ma anche osmosi tra rappresentanti del bel mondo, del demi monde, artisti e gente del popolo. Qui troviamo i ritratti di Toulouse Lautrec, senza giudizi morali o etici ma fatti come se fossero il racconto di un cronista dell’epoca.
Ecco quindi i cartelloni pubblicitari per gli artisti che sono anche amici, come Aristide Bruant, eccentrico che faticherà a far accettare quella sua immagine resa essenziale da Henri, pochi colori, nero e quel colpo di rosso che caratterizzava davvero la figura del cantautore e cabarettista che tanto ci ricorda un autoritratto di Fellini (che confessò d’essersi realmente ispirato al Bruant di Lautrec!).
Ed ecco a voi anche la Goloue, nel manifesto del 1891, regina del can can, donna dall’umorismo triviale e dall’immenso successo. Il legame con il Giappone viene nuovamente sottolineato nel ritratto della ballerina Jane Avril dove la serie completa, dal bozzetto a matita, passando per la stampa giapponese cui è ispirato, arriva poi alla litografia finale che ce la mostra elegantissima, inclinata in diagonale, vestita di nero e avvolta da un serpente. Mentre May Belfort, inglese che trovò fortuna nel mondo parigino dell’epoca, viene ritratta nelle vesti del suo personaggio più famoso: una bambina che va a dormire vestita da una camiciola da notte, mutandoni e cuffietta, tenendo in braccio un gatto nero (e cantando canzoni solo apparentemente innocenti ma in realtà scurrili e piene di doppi sensi)
SALA 6, 7, 8, 9, 10
Qui troviamo un filmato dell’epoca realizzato addirittura dai fratelli Lumiere, è Loie Fuller che si inventa una nuova danza chiamata a serpentina, il vestito leggerissimo viene fatto ondeggiare a suon di musica attraverso due bastoncini, l’artista per questa sua eleganza quasi esasperata diventerà il simbolo dell’art nouveau ma essendo amica dei coniugi Curie farà anche danze ispirate agli ultravioletti utilizzando specchi ed effetti di luce. Anche le sale seguenti sono dedicate al teatro e ai ritratti con Marcelle Lender e i suoi capelli rosso fuoco “en buste” del 1897 mentre la collega Yvette Guilbert, non bella, alta e magrissima, giocherà proprio su queste sue caratteristiche per aver successo…ma si lamenterà con l’artista per i ritratti che, a suo dire, non le rendon giustizia mostrandocela quasi con lineamenti caricaturali. Nel manifesto che pubblicizza il Divan Japonais (un caffè concerto in stile orientale, locale piccolo ma molto in voga in quel periodo), i protagonisti sono i due elegantissimi spettatori in primo piano mentre la cantante appare quasi nascosta, nell’angolo a sinistra, la testa mozzata dall’inquadratura impietosa. Non meno impietoso il ritratto a una delle sue amanti, Susanne Valadon (futura madre di Utrillo) che sarà poi amante anche di Renoir e che qui viene raffigurata come una bevitrice dall’aria assorta.
SALE 11, 12, 13
Sono dedicate ai bordelli, perché Henri vive in quel mondo ma non per modo di dire, vive proprio dentro ai bordelli, come ospite fisso…e ha quindi un punto di vista privilegiato su quel mondo che ovviamente non è sempre musica, colore e divertimento retribuito.
Troviamo quegli ambienti fintamente esotici, luoghi di evasione per chi ci si recava per poco, ma quasi prigioni per chi ci lavorava. La curiosa serie di fotografie stereoscopiche ci rimandano a tempi passati, clienti e prostitute in mostra e in posa per le foto professionali…ma che poi ritratte da Lautrec sono donne nella loro quotidianità, mentre sonnecchiano a letto, mentre si specchiano, si truccano, si pettinano, si lavano, si confidano segreti sotto alle stesse coperte in una forma di cameratismo che forse non si riduce ad essere solo amore saffico ma anche pausa lavorativa e normalità condivisa tra amiche e colleghe. Tanto diverse dalle stampe giapponesi erotiche della stanza vietata ai minori di 18 anni con le 12 vedute delle case di piacere (case verdi) di Utamaro, unico artista del mondo fluttuante dell’ukiyo-e ad esser diventato famoso in vita. Qui immagini con posizioni quasi acrobatiche, misure esasperate, eleganza formale in ambienti raffinatissimi ma contorsioni estreme…nelle case di piacere di Lautrec invece solo calma e riposo, solo le donne protagoniste, appena abbozzate, a volte ritratte velocemente direttamente su cartone, elegantissime e quasi regali nello sguardo che non ha nessun timore di fissare negli occhi lo spettatore.
SALA 14
La mostra si conclude nell’ultima sala dedicata alla modernità, tutto ciò che è nuovo affascina profondamente Henri. Il ciclismo, la velocità delle nuove automobili ritratte con ironia con un guidatore attrezzato per chissà quali forti venti che però non provoca nemmeno un sobbalzo nella signora con cane che passeggia serenamente al suo fianco. Pian piano Lautrec abbandona totalmente la prospettiva per dedicarsi a quelli che sono a tutti gli effetti i primi prodotti di grafica pubblicitaria moderna in cerca soprattutto di immediatezza più che di perfezione tecnica.
Per la prima volta in Italia una mostra monografica completamente dedicata a Utagawa Kuniyoshi, contemporaneo del più famoso Hokusai, altrettanto geniale ma meno conosciuto.
Il «mondo fluttuante» cioè l’Ukiyoe è una realtà parallela, un mondo a parte dove perdersi nel piacere allontanando dolore e malinconie del mondo reale.
I grandi artisti di questo periodo come Moronobu, Harunobu, Utamaro, Hokusai e Kuniyoshi ancora oggi affascinano lo spettatore con immagini a temi fissi del teatro, della tradizione, della natura e del paesaggio, dei piaceri quotidiani della vita delle città di Edo, e delle bellezze femminili. Ma Ukiyoe è anche un genere di stampa artistica giapponese su carta impressa a silografia, del periodo Edo (tra il XVII e il XX secolo). Gli ukiyoe non erano costosi perché pensati proprio come prodotti di massa per abitanti delle città non sempre ricchissimi.
Non aspettatevi opere immense, non stiamo parlando di affreschi o opere ad olio su tela…si tratta comunque di stampe, il formato è sempre piuttosto simile, poco più di un A4, spesso le singole stampe vengono usate accostate formando così trittici o polittici anche a sei stampe. I colori sono accesi e brillanti, i tratti decisi e spesso movimentati, il disegno è sempre elegantissimo e molto moderno. Le sfumature sono solo accennate, le figure non hanno ombre e la prospettiva non viene presa granché in considerazione (scelte tipiche dell’arte dell’ukiyoe)
E’ una mostra che ho amato fosse anche solo per l’incredibile presenza di rane, gatti, draghi e mostri!
Kuniyoshi nasce nel 1797 e muore nel 1861 diventa famoso a metà del 1800 con una serie di silografie policrome (la xilografia è la stampa su legno, per ogni colore serve una nuova matrice, insomma diciamocelo: un lavoro decisamente più complicato dei sistemi di stampa attuali).
Il tema che lo porta al successo illustra 108 eroi di un romanzo di fine 1700 che all’epoca divenne poi un best seller in Cina e Giappone: sono briganti guerrieri che operano a favore del popolo oppresso dalle ingiustizie e dalla corruzione governativa. Sono uomini violenti e potenti, muscolosi, con il corpo ricoperto da tatuaggi…le stesse figure che oggi rivediamo, seppur modernizzate, in manga e anime!
Kuniyoshi viene definito «visionario» nella mostra a lui dedicata proprio per sottolineare la sua immaginazione senza confini.
Vedremo bellezze femminili, guerrieri ed eroi, mostri, immagini ironiche e giochi ottici che per molti versi ci ricordano il nostro Arcimbodo, l’artista lombardo che proponeva ritratti composti da oggetti e animali nei secoli del manierismo e che forse davvero era conosciuto anche in Giappone! Vedremo ritratti di donne, bambini, attori kabuki e fantasmi…
Del resto Kuniyoshe mostra subito di avere idee differenti dai colleghi, infatti conosce e si ispira dichiaratamente anche ad artisti europei che aveva visto sicuramente attraverso opere e incisioni arrivate fino in Giappone ed a sua volta è stato molto amato in Occidente, anche Monet aveva alcune sue opere esposte in casa!
La mostra è divisa in 5 sezioni con 165 opere:
1.Beltà, cioè l’Universo femminile con bellezze varie, dalle geishe alle donne delle case da tè, alle madri e a tutte le figure femminili mostrate anche in normali scene quotidiane
…e guardate un po’ a chi si sono ispirati per l’immagine simbolo del film Matrix! Alle donne di Kuniyoshi che si riparano dalla pioggia sotto ad ombrelli con i nomi dello sponsor della xilografia!
2.Paesaggi e vedute con immagini dei luoghi famosi della capitale Orientale, Edo (sede dello shogunato), ma anche immagini del monte Fuji.
3.Eroi e guerrieri. Il tema che lo ha reso famoso, i famosissimi uomini mitologici (ma anche donne e bambini) che combattono contro mostri, animali e altre leggende.
4.Giochi e parodie, la sezione più curiosa, con ritratti che han fatto di questo artista l’Arcimboldo giapponese. Opere quasi a puzzle che ci mostrano un mondo umoristico, giocoso ed illusionistico che si esprime al massimo nei «giga» (caricature) e nei kagee (giochi di ombre).
5.Gatti, la passione di Kuniyoshi. Li rappresenta in moltissime opere, come soggetti principali o come comprimari. Pare che vivesse circondato da decine di gatti e in casa avesse anche un altarino dedicato ai suoi felini defunti così come si usa nella religione buddhista per ricordare i familiari estinti. In qualche caso l’artista replica scene tipiche del genere di bellezze femminili come gli intrattenimenti nelle case da tè usando i gatti al posto dei protagonisti oppure li usa per giochi visivi che si rifanno a proverbi, ossimori o effetti calligrafici
La mostra è davvero particolare. Va infatti vista “fronte/retro” perché ogni opera ha un lato nascosto da sbirciare.
Il retro dei pannelli, allestiti con schermi, mostrano le varie indagini diagnostiche.
Scopriremo così ripensamenti, prove di progettazione e misure prese direttamente incidendo il fondo bruno sul quale poi l’artista dipingerà “a risparmio” lasciando cioè a vista il fondo!
Cosa aggiunge tutto questo studio tecnologico alla meraviglia che ci offre Caravaggio? Personalmente non ho le idee chiare a riguardo, mi riservo di meditarci ancora un po’…
Intanto godetevi la mostra che merita davvero (informazioni di servizio in fondo alla pagina).
PRESENTAZIONE E BIOGRAFIA DI CARAVAGGIO
Piccola audioguida che segue il percorso della mostra
LUOGO: Palazzo reale, Piano Nobile, Milano, piazza Duomo
DURATA: 29 settembre- 28 gennaio 2018
ORARI:
Lunedì: 14.30 – 22.30
Martedì, Mercoledì e Domenica: 09.30 – 20.00
Giovedì, Venerdì e Sabato: 09.30 – 22.30
CONSIGLI: se possibile prenotate prima a questo numero: +39 02 92800375 Ci son stata una domenica mattina all’orario di apertura e ho fatto una discreta coda per entrare.
Il biglietto di ingresso della mostra Dentro Caravaggio darà diritto dal 30 novembre all’8 aprile 2018 all’ingresso ridotto a 5 euro alla mostra L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri presso le Gallerie d’Italia – Piazza Scala
L’opera “Martirio di Sant’Orsola” (proprietà Intesa Sanpaolo) verrà ritirata dalla mostra il 27 novembre, mentre l’opera “Giuditta che taglia la testa a Oloferne” (proprietà delle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini) verrà ritirata il 10 dicembre.